Era vicino a una pizzetteria, stava parlando al cellulare con un amico, poi la comunicazione si è interrotta bruscamente. L'altro ragazzo si è precipitato verso...
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Teatro dell'agguato, su cui cercheranno di fare chiarezza gli agenti della Polizia di Stato, il rione Don Guanella, nel quartiere napoletano di Miano. È proprio nel feudo dei Lo Russo che Calise si trovava ieri sera, poco prima delle venti, in automobile. «Prendo le pizzette e torno», avrebbe detto al telefono all'amico, secondo quanto quest'ultimo successivamente dichiarerà alle forze dell'ordine. I due giovani stavano ancora chiacchierando, Calise non sapeva che qualcuno lo aveva probabilmente seguito e stava per approfittare di quella sosta. Il suo amico ha vissuto in diretta l'omicidio: quando il ventiquattrenne ha smesso di rispondere ha provato a richiamare, ma senza riuscire a mettersi in contatto con lui. Così ha deciso di raggiungerlo davanti alla pizzetteria. Ha trovato l'automobile e si è avvicinato. Nell'abitacolo, Calise era già privo di sensi. Il capo piegato da un lato, il cellulare caduto sul sedile. E sangue, ovunque. Qualcuno si era avvicinato alla vettura e, da breve distanza, aveva aperto il fuoco. Almeno una pallottola, diretta alla testa. Il ventiquattrenne non aveva nemmeno avuto il tempo di provare a difendersi, a scappare. Una esecuzione, di quelle che portano, chiaro e inequivocabile, il marchio della camorra. L'altro ragazzo a quel punto ha tentato di salvare in extremis il ferito, sebbene le sue condizioni fossero palesemente disperate. Ha spalancato la portiera, si è fatto spazio al posto di guida e si è diretto al pronto soccorso dell'ospedale San Giovanni Bosco. Una corsa disperata che però non è servita: Calise è morto poco dopo, i medici non hanno potuto fare nulla per salvarlo. Sul posto sono intervenuti gli agenti dell'Ufficio Prevenzione Generale della Questura di Napoli, guidati dal dirigente Michele Spina, e quelli del commissariato di Scampia, titolari delle indagini, agli ordini del dirigente Cristiano Tatarelli.
L'automobile della vittima è stata sequestrata in vista delle analisi della sezione Scientifica, coordinati dal dirigente Fabiola Mancone. I primi rilievi hanno confermato, almeno in parte, la versione fornita dall'altro giovane, la cui ricostruzione resta comunque al vaglio degli investigatori. In serata, quando la notizia si è diffusa, una cinquantina di persone, tra parenti e conoscenti, ha raggiunto l'ospedale e sono stati registrati momenti di tensione nella struttura, rendendo necessario l'invio sul posto di alcune pattuglie. Giuseppe Calise non risultava organico a nessun clan della zona. Tra le piste seguite dai poliziotti, l'ipotesi che l'omicidio sia maturato negli ambienti dei contrasti legati al traffico degli stupefacenti. L'area, infatti, è quella sotto la diretta influenza del clan Lo Russo, che negli ultimi tempi sta cercando di riprendere il controllo del narcotraffico in ampie zone del territorio cittadino, tra Miano e le aree limitrofe; il 22 gennaio scorso in via Janfolla, nel vano ascensore di uno stabile, i carabinieri trovarono cinque fucili, giubbotti antiproiettile, caschi integrali e passamontagna: per i militari si trattava di un arsenale verosimilmente a disposizione dei gruppi di fuoco dei capitoni. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino