Napoli: gli undici fiori del Melarancio, quarant'anni fa la tragedia

Morti in un incidente durante la gita scolastica gli alunni della media Nicolardi

Le vittime dell'incidente
Oggi avrebbero 53 anni. Ma per loro, gli «undici fiori del Melarancio», la vita si è spezzata molto prima, il 26 aprile del 1983. Mercoledì saranno...

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Oggi avrebbero 53 anni. Ma per loro, gli «undici fiori del Melarancio», la vita si è spezzata molto prima, il 26 aprile del 1983. Mercoledì saranno passati 40 anni da una tragedia rimasta scolpita nella memoria di un intero quartiere napoletano. Undici ragazzi e ragazze, studenti della scuola media «Edoardo Nicolardi» in via San Giacomo dei Capri, morti in una gita. Quartiere Vomero-Arenella, media borghesia, in un 1983 che avrebbe visto il blitz contro la Nco cutoliana e la conclusione dell’esperienza amministrativa di Maurizio Valenzi sindaco. Quel pomeriggio del 26 aprile di 40 anni fa, poco dopo le 16,30 la notizia si catapultò alla «Nicolardi», in poco tempo affollata da decine di familiari in cerca di notizie. Caos, dolore, speranza.



Era una gita scolastica diretta al lago di Garda. Il bus, con a bordo i 48 ragazzi e ragazze tra cui anche cinque ex alunni della scuola già diplomati, e tre docenti accompagnatrici, entrò nella galleria del Melarancio sull’autostrada A1. Si procedeva su corsia unica per lavori in corso, nei due sensi di marcia. Nella galleria entrò dal lato opposto un enorme autoarticolato che trasportava un tubo di 130 tonnellate. Lo spazio era stretto, nella galleria l’impatto assassino fu inevitabile. La bomba di cemento sull’autoarticolato squarciò il bus dei ragazzi. Fu morte, panico, terrore, nel buio della galleria.

La notizia fu data in televisione, i genitori corsero alla scuola per sapere. Daniela Lombardo aveva allora 11 anni, il fratello Alfredo era a quella gita e fu una delle undici vittime. Racconta: «Tornavo dalla ginnastica allo stadio Collana, ero con i miei genitori. Il custode del nostro palazzo ci disse: “Ma non andate alla scuola per sapere cosa è successo? C’è stato un incidente sul bus della gita”. Mia madre ebbe un malore. Poi si riprese. Mi lasciarono a casa di un’amichetta e corsero alla Nicolardi per sapere con gli altri. Mi dissero poi di un caos indescrivibile, di scene di pianto, incertezza totale. Nessuno sapeva con esattezza chi era vivo e chi già morto».

Ore e ore di confusione. Poi a notte fu organizzato il viaggio dei familiari, in cerca dei loro ragazzi. A loro si unì anche il sindaco Valenzi. Corsero negli ospedali a Scandicci e Firenze. Il nome di qualche vittima si conosceva già, ma i familiari furono tenuti all’oscuro fino all’arrivo in ospedale. Quando poi si seppe, i numeri furono drammatici: undici morti, 38 feriti. Non tornarono più dalla gita dove si erano avviati felici Edoardo Aurino, Maurizio Autunno, Stefania Bianchi, Gianmpaolo Cajati, Eva De Cicco, Annalisa Di Girolamo, Francesca Ielpo, Alfredo Lombardo, Riccardo Pironti, Giancristoforo Ruggiero, Alessandro Sturati. Chi tornò, rimase per anni con ferite psicologiche profonde. A distanza di anni, c’è chi ancora non è riuscito a superare quel trauma, il senso di colpa di essere sopravvissuto.

Racconta ancora Daniela Lombardo: «Sento spesso qualcuno dei sopravvissuti. Molti hanno dovuto farsi assistere psicologicamente. C’è chi non riesce a raccontare». Uno dei sopravvissuti è Guglielmo Finazzer, uno degli sceneggiatori storici di «Un posto al sole». Rimase lievemente ferito, ma è tra quelli che ancora dopo tanti anni non riescono a parlare in pubblico di quelle terribile esperienza. Era uno dei cinque ex alunni che si unirono alla gita. Come lui, altri non riescono a raccontare in pubblico. Sulla tragedia del Melarancio a giugno uscirà un docu-film del regista Luca Miniero.

Mercoledì prossimo, alla scuola «Nicolardi» una manifestazione di ricordo, con il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, e i familiari. Il largo dinanzi la chiesa Santa Maria della Rotonda, dove si terrà una messa, ha una lapide con incisi i nomi dei ragazzi morti. Quel largo si chiama «Undici fiori del Melarancio». Al cimitero sono tutti sepolti in un’unica cappella donata dal Comune. Fu intenso e commovente, allo stadio Collana del Vomero, il funerale del 28 aprile 1983 con trentamila persone. Fu un avvenimento unico, che fermò un quartiere e colpì l’intera città. A Scandicci, in Toscana, comune della galleria del Melarancio, ricordano ogni anno la tragedia e hanno intitolato agli «undici fiori del Melarancio» un complesso sportivo. Sono passati 40 anni, alle famiglie delle vittime fu riconoscuto un risarcimento di circa 200 milioni di lire. Al processo per omicidio colposo furono condannati i due autisti e il responsabile della Polstrada che precedeva l’autoarticolato. La città di Napoli non può dimenticare quei ragazzi.
 

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Il Mattino