Napoli, nuova stesa nel rione Sanità: «Qui anche un bossolo uccide la speranza»

Napoli, nuova stesa nel rione Sanità: «Qui anche un bossolo uccide la speranza»
Quante volte può morire la speranza? Alla Sanità, il quartiere della rinascita, ne muore un po' ad ogni stesa. Sembra un perfido gioco dell'oca. Si torna...

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Quante volte può morire la speranza? Alla Sanità, il quartiere della rinascita, ne muore un po' ad ogni stesa. Sembra un perfido gioco dell'oca. Si torna sempre al via. A due settimane dalla laurea honoris causa a don Antonio Loffredo, parroco della Sanità, che nella sua lectio ha raccontato la visione della comunità che rinasce, torna a suonare l'orchestra giovanile della camorra, tornano a sparare i rampolli dei clan, e lo fanno sul sagrato della Basilica del Monacone, a un metro esatto dal luogo dove nel settembre del 2015 morì, proprio durante una stesa, Genny Cesarano, un ragazzo di 17 anni che oggi viene ricordato sia fuori della basilica, con una statua, sia dentro, con una pietra incisa. Ma non nei riti e nelle paure sempre uguali del quartiere.

 
La scena, alle sette del mattino, è surreale. Arriva in piazza la postazione mobile di Radio Crc. Una trasmissione in diretta per raccontare il recupero del quartiere. La gente si affaccia timida ai balconi, osserva il furgone, poi quando la speaker Alessia De Lucia tenta l'intervista alla gente del posto, si capisce che è successo qualcosa. «Come va? Non tanto bene», dice una signora da un balcone. «Ci vorrebbe più vigilanza». Poi dopo un po' di insistenza, rivela: «Due ore fa hanno sparato. Hanno sparato di nuovo».

La stesa, ancora il rito di fuoco dei clan: ragazzi giovanissimi e fuori controllo che corrono sui motorini, urlano e sparano in aria. Hanno scelto ancora una volta la piazza larga davanti alla Basilica, quella dei murales di Cruz. Passa ancora qualche minuto quando un anziano signore passeggia col nipotino ed è costretto a fermarsi. Il ragazzino ha visto un oggetto luccicante a terra. È il bossolo di un proiettile. Viene chiamata la polizia. Arriva una prima pattuglia con due agenti. Cominciano a girare sul sagrato a testa bassa, i bossoli diventano così sei. Non si sa come segnalarli sul terreno. Da un bar portano dei bicchieri di plastica. I poliziotti li mettono sui bossoli ma il vento li porta via. Arriva un'altra pattuglia che incornicia i reperti con nastro segnalatore. Intanto sul sagrato si cammina a testa bassa. Tra le fughe dei sanpietrini si cerca ancora. Come se fosse caduto un orecchino, tutti a cercare residui della sparatoria. Potrebbe essere un film se non fosse la realtà. Sempre dalla polizia arriva in quelle ore la notizia che si è sparato anche a Materdei, poco distante. Altri otto bossoli nella piazzetta. Stesso calibro, stessa stesa. Un solo corteo, una sola sparatoria, due luoghi simbolo. Intorno alla strana mappa dei bossoli coi bicchieri di plastica, intanto, si radunano gli ospiti della trasmissione radiofonica. Erano stati chiamati per raccontare la rinascita, si ritrovano a contare i proiettili.


In diretta radio Edgar Colonnese, direttore editoriale delle Edizioni San Gennaro, la casa editrice fondata nella Sanità, e Ivo Poggiani, presidente della Municipalità. C'è il pasticcere Ciro Poppella, mitico creatore del Fiocco di neve. Vorrebbero parlare di speranza, devono commentare una nuova stesa. Il giovane sacrestano della Basilica, sconsolato, fa la sintesi: «Non ci sta niente da fare, noi costruiamo e loro sfasciano». Arriva anche il papà di Genny Cesarano, Antonio. Si commuove ogni volta che parla del figlio. E si indigna per i nuovi spari. «Qui possono colpire chiunque si sfoga la signora Pina, che passa con le borse della spesa -. E se c'era qualcuno fuori al balcone?». La grande paura è la vittima innocente, proprio come Genny. «Solo rabbia dice il presidente Poggiani -, mentre raccontiamo in diretta le esperienze positive e l'ansia di riscatto, accadono queste cose». «Facciamo quello che possiamo con le nostre forze gli fa eco Mario Gelardi, del Nuovo teatro sanità -; ieri sera eravamo aperti con un evento gratuito. Lo saremo ancora. Ci sono cose su cui possiamo agire ed altre contro le quali non sappiamo più che fare». Non sapere più che fare: è questo il sentimento che aleggia in questa bellissima piazza. Le notti bianche per tenere la gente per strada. La chiesa come luogo di militanza civile. I murales con i volti dei ragazzi. La sagrestia come palestra di boxe per allenare i ragazzi di strada mettendo come istruttori le Fiamme oro della Polizia di Stato. «Più di questo che dobbiamo fare? dicono alcuni operatori della Fondazione che gestisce le Catacombe e ha creato intorno alla Basilica del Monacone un movimento di centinaia di ragazzi e iniziative che hanno prodotto anche posti di lavoro-. Arrenderci? No, non ci arrendiamo perché abbiamo almeno il dovere di resistere. Ma certamente quando lavori, lavori, lavori e poi si finisce sempre allo stesso punto, a fare i conti con le stesse cose, un po' di sconforto arriva». Quante volte può rinascere la speranza? Leggi l'articolo completo su
Il Mattino