Dice di averlo visto, di averlo riconosciuto, di aver capito che si stava «facendo sotto», di aver intuito la sua paura. Ed è grazie al «panico» del...
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Ma restiamo alle frasi pronunciate in una riunione di famiglia lo scorso 27 maggio. Sono già finiti in cella Armando e Antonio Del Re, i due indagati ritenuti responsabili del duplice tentato omicidio, e in casa Nurcaro c’è il via vai di parenti e amici. A più riprese, anche alla luce della sequenza di un video diventato virale, Salvatore Nurcaro mima e ricostruisce la scena clou, quella dell’uomo nero con il casco integrale che spara, che fa cilecca con un’arma che si inceppa all’improvviso, colpendo poi anche la bimba di quattro anni.
Donna: «Ma lui (il killer) non disse niente, nemmeno una parola? Neanche le parole (bestemmie, offese, ndr) ti dice?».
Salvatore Nurcaro: «No, venne sotto e sotto. Ora secondo me voleva sparare... però non caricò...sentii...».
Donna: «Il grilletto e tu te ne scappasti?».
Salvatore Nurcaro: «Io sentii, stavo girato, lui pigliò, pu-ru-pù (imitando il suono dello scarrellamento dell’arma) e mi sparò». Continua il dialogo a più voci, Salvatore Nurcaro insiste sul concetto: «Quello si è messo paura», oltre a ribadire di averlo riconosciuto, sostenendo così l’esatto contrario rispetto a quanto dichiarato sulle prime alle forze dell’ordine. Ma seguiamo il ragionamento attorno al letto dove è convalescente il 31enne.
Salvatore Nurcaro: «Io l’ho guardato dentro (probabilmente riferendosi al volto dentro il casco integrale indossato dal killer);
Uomo: «E che hai fatto?».
Salvatore Nurcaro: «Prima di spararmi, io l’ho visto»
Donna: «Che era lui?».
Salvatore Nurcaro: «Eh e si è fatto proprio addosso...».
Donna: «Ma te ne eri accorto che era proprio lui?».
Salvatore Nurcaro: «Certo che sì».
Doverosa a questo punto una premessa. Nel corso della conversazione intercettata, Nurcaro non fa mai il nome di Armando Del Re, ma nella ricostruzione della Mobile queste parole confermano il ruolo dell’indagato attualmente in cella. Diverso il ragionamento fatto dai legali dei fratelli Armando e Antonio Del Re (difesi rispettivamente dagli avvocati Claudio Davino e Antonietta Genovino e da Leopoldo Perone), per i quali il riferimento agli indagati potrebbe essere condizionato dalle notizie diramate dai media nelle ore successive i due arresti. Resta però acquisito un dato di fatto: al cospetto dei parenti, Nurcaro si è detto convinto di aver riconosciuto il suo aggressore, a differenza di quanto messo per iscritto subito dopo l’agguato, quando era intubato nel lettino dell’ospedale.
BLOCK NOTES
E sono diverse anche le intercettazioni raccolte nella corsia dell’Ospedale del Mare. È l’undici maggio scorso, quando alcuni parenti vanno a salutare il degente da poco uscito dalla terapia intensiva. C’è una telecamera che immortala il primo incontro, con Salvatore Nurcaro che intima il silenzio ai suoi parenti, uno dei quali ha un asso nella manica: un’applicazione sul cellulare grazie alla quale riesce a scovare la telecamera nascosta dagli inquirenti, che viene immediatamente resa inservibile con dei fazzolettini di carta. Non sanno, gli ospiti di Nurcaro, che c’è anche una cimice che continua a registrare le voci di dentro, quelle della stanza di Nurcaro: si sente il fruscìo dei fogli di un block notes su cui la vittima scrive qualcosa, prima che vengono strappati e gettati nel water. Piccoli trucchi di chi si sente miracolato e si sta già organizzando il futuro prossimo venturo. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino