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Aveva predisposto la fuga, con abiti puliti e stirati all’interno del bagagliaio dell’auto e un paio di accortenze che parlano da sole: non aveva con sè il proprio cellulare, segno che non voleva lasciare tracce; ma aveva un coltellaccio da cucina, facilmente prelevato dalla cucina dell’albergo di famiglia. Due aspetti che inchiodano - agli occhi dei giudici - l’imputato all’accusa di omicidio volontario, con l’aggravante della crudeltà e della premeditazione.
Sono questi i motivi che spingono i giudici della prima corte di assise di Napoli a condannare all’ergastolo Pinotto Iacomino, come responsabile dell’assassinio di Ornella Pinto, la docente uccisa a quaranta anni a marzo del 2021, nella sua abitazione di via Cavolino. In centocinquanta pagine, ora è possibile leggere aspetti inediti di una vicenda agghiacciante, che ripropone il tema del femminicidio, della violenza di genere, in un anno scandito da episodi drammaticamente simili.
Freddo e crudele, da parte di chi coltiva anche l’obiettivo di sparire dalla circolazione, magari facendo ricadere le colpe del delitto di Ornella su altre persone. Ma seguiamo il ragionamento dei giudici, a partire dalla ricostruzione dell’aggravante della crudeltà: «Papà ha ucciso mamma e ha rotto la casa», dice il piccolo alla zia. E ancora: «A casa di mamma ci sono i mostri», spiega il piccolo Daniele. Viene svegliato nel sonno dalle urla della madre, incapace di distinguere incubo e realtà, come accade per altro anche alla vicina di casa. Tredici coltellate nel sonno. Le prime sul fianco, mentre Ornella era nel letto. Poi le urla disperate e ancora tanti colpi. Decisiva la testimonianza della sorella di Ornella (la cui famiglia, rappresentata dal penalista Carmine Capasso, è parte civile): «Un urlo tremendo al telefono che non dimenticherò mai più... poi quella frase “è pazzo”, che Ornella scandisce prima di morire.
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Il Mattino