«Mio fratello Pino nel ventre di Napoli»

«Mio fratello Pino nel ventre di Napoli»
La carriera di Pino cominciò a bordo di una Cinquecento blu, con la quale intorno alla metà degli anni Settanta prese a fare le prime serate. Suonava a feste di ogni tipo, nei...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
La carriera di Pino cominciò a bordo di una Cinquecento blu, con la quale intorno alla metà degli anni Settanta prese a fare le prime serate. Suonava a feste di ogni tipo, nei festival, in diversi locali della città. Spesso portava con sé qualcuno di noi fratelli, invitava anche i nostri amici. Mia sorella Patrizia e io ci divertivamo sempre molto: eravamo ragazzini, poter stare a fianco di nostro fratello mentre si esibiva ci pareva un privilegio esaltante. Io poi mi sentivo fortunatissimo, perché molte sere Pino mi portava con sé a casa delle zie e, quando mi girava, mi fermavo lì pure a dormire.


Pino Daniele m’è frate a me, sembra ribadire Nello Daniele in punta di piedi raccontando il lazzaro felice in Je sto vicino a te (Mondadori, pagine 113, euro 17). E il riferimento non è suggerito solo dalla tragica coincidenza tra l’uscita, oggi, del libro, proprio all’indomani dell’addio a Luca De Filippo, né dalla constatazione dell’anno orribile per la cultura napoletana, e quindi italiana, che nel 2015 ha visto andare via il Nero a metà, Francesco Rosi ed il figlio del sommo Eduardo. È il tono delle pagine, affidate nella scrittura a Antonio G. D’Errico, a riportarci a «Natale in casa Cupiello», a una città che milionaria non è riuscita mai ad essere, alla storia di quei napoletani più che speciali che non se ne sono mai davvero fuggiti da Napoli, portandola in ogni cosa che hanno fatto.

Nello racconta Pino con il tono di chi ha visto da molto vicino il miracolo di uno scugnizzo che a soli 18 anni scriveva nei vicoli un capolavoro come «Napule è», un canto feroce e verace come «Terra mia». Non azzarda analisi musicali né sociologiche, ma racconta restituendocene colori e profumi la festa grande per le pizze fritte la domenica in vico Candelora, nella sala da pranzo della nonna, donna Cuncetta. «Mo’ facimmo ’a nonna», diceva Pino quando sul palco attaccava il pezzo dedicato alla signora che sapeva che il tempo delle cerase era finito e nascondeva nel suo tuppo nero tutte le paure di un popolo che cammina sotto il muro.




Leggi l'articolo completo su
Il Mattino