Pio Monte della Misericordia deturpato tra degrado, rifiuti e abusi

Pio Monte della Misericordia deturpato tra degrado, rifiuti e abusi
Capolavori assoluti e rapine. Solidarietà e miseria. Transenne e turisti. Bookshop e scritte per Luigi Caiafa. Immigrati e banche: la zona del museo di Pio Monte della...

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Capolavori assoluti e rapine. Solidarietà e miseria. Transenne e turisti. Bookshop e scritte per Luigi Caiafa. Immigrati e banche: la zona del museo di Pio Monte della Misericordia è la fotografia delle due anime che, invertendosi e mixandosi senza sosta, diventano quest'opera d'arte naturale, questa installazione artistica permanente chiamata Napoli. Napoletano, in questo senso, fu anche Caravaggio, le cui Sette Opere di Misericordia - tra i dipinti più importanti al mondo, esposto come pala d'altare nella cappella del museo di via dei Tribunali - legano perfettamente le luci e le ombre, i tormenti e i vanti di questa fetta di città così piena di ossimori. 

Fuori piove e si gela, ma nella sala di Pio Monte della Misericordia il turista vestito di nero contempla le Sette Opere in un silenzio sacro, come se la forza espressiva di Caravaggio lo avesse trascinato in un'altra dimensione. Non è solo arte: è la verità della vita che lo assale in tutta la sua cruda potenza. Non è un caso se l'esterno del museo corrisponde ancora, precisamente, alla Napoli raccontata nel dipinto e ai suoi protagonisti, i popolani di Forcella. La parte bassa di via dei Tribunali è la stessa di quattro secoli fa: il destino e la storia hanno concordato così. Il turista vestito di nero lo ha capito subito, del resto, quando ha dovuto scavalcare la zella a tre passi dalla soglia della cappella. Una discarica variegata, che precede di pochi metri il cartello pericolo di crollo intorno alle transenne che da due mesi a questa parte ingabbiano l'obelisco di Cosimo Fanzago, dopo la caduta di calcinacci. Intorno al monumento di piazza Riario Sforza e all'opera d'arte pop che ritrae San Gennaro e Caravaggio, c'è una distesa di saracinesche abbassate e locali abbandonati. 

Qui non arriva il grande turismo della parte alta dei Tribunali. «C'era una trattoria, ma ha chiuso causa Covid - sospira Roberto Balassone, docente e residente di zona - Faceva ottimi prezzi». Problemi a parte, due elementi hanno contribuito al miglioramento della piazza, «l'apertura mattutina del cancello d'accesso al Duomo e quella del bookshop in cui lavoro - spiega Luigi Sola - Arrivano sempre più visitatori e siamo un punto di riferimento anche per loro. La criminalità purtroppo si sente. Un paio di volte, nei mesi scorsi, sono uscito dal negozio per provare a evitare rapine ai turisti».

La vita sporca le strade. E così accade in questa parte bassa di via dei Tribunali. Quella meno nota ai turisti, la più sfigata del Decumano Maggiore. Siamo a Forcella, di fatto. I palazzi qui sono antichi, bellissimi, decrepiti e inclinati, come se si fossero appoggiati uno all'altro per sopravvivere alla stanchezza. «Manca completamente il decoro monumentale - aggiunge Balassone - questo è un quartiere multietnico, che per fortuna non è troppo a misura di turista, come altre zone del centro». La povertà, però, dilaga tra le Arciconfraternite di San Gennaro antiche e distrutte. I bassi a pochi passi dal museo sono case di prostituzione. Quando sentono passi nel vicolo, le ragazze dell'Est o cingalesi si offrono socchiudendo leggermente le finestre. 

E sempre tra queste strade, un fortino storico degli scippi ai turisti, in vico Sedil Capuano è sorto il murale - poi rimosso e sostituito dalla scritta Luigi Caiafa vive - dedicato al baby rapinatore ucciso da un poliziotto durante una rapina a ottobre 2020. Qualcosa, però, si muove, come l'installazione di panni stesi realizzata per accontentare le Reflex dei turisti: «Anche noi, come gli altri commercianti di zona - racconta Enrico Iuliucci del bar Scalmer - abbiamo partecipato alla colletta per appenderli. L'opera poi è stata messa a punto da un ragazzo della zona. I vacanzieri qua stanno aumentando, ma ne arriva uno su dieci di quelli che percorrono la parta alta dei Tribunali». Se la realtà è fatta di contrasti, questa fetta di città è verità assoluta. I poveri empori per migranti sorgono esattamente di fronte all'Archivio Storico del Banco di Napoli e a pochi passi da Castel Capuano. Un negozio di elettrodomestici, in cui lavora e sorride Usman, un senegalese di 43 anni, è un'appendice dello storico ex Ospedale della Pace. L'antica scritta svetta ancora sui pacchi di merci imballate. Uno dei tanti monumenti trattati come cose presenti, uno dei tanti pezzi di memoria che, nella Napoli dei musei, sono sovrascritti dalla vita e dal suo disordine. 

(2 / continua)

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Il Mattino