Scavi di Pompei, il giudice accusa i tombaroli: «Danni irreparabili alle ville»

Scavi di Pompei, il giudice accusa i tombaroli: «Danni irreparabili alle ville»
«Hanno gravemente e irreparabilmente danneggiato gli ambienti della antica villa romana» tra il 2014 e il 2017. Non ha avuto alcun dubbio il giudice del tribunale di...

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«Hanno gravemente e irreparabilmente danneggiato gli ambienti della antica villa romana» tra il 2014 e il 2017. Non ha avuto alcun dubbio il giudice del tribunale di Torre Annunziata Silvia Paladino, quando ha condannato Giuseppe e Raffaele Izzo, padre e figlio, commercianti di frutta, ritenuti i due principali tombaroli di Civita Giuliana a Pompei. Lo scorso 20 settembre, i due sono stati condannati rispettivamente a tre anni e mezzo e tre anni di reclusione per scavo, danneggiamento e impossessamento di beni archeologici. Scavi clandestini, avvenuti grazie a una rete di cunicoli di circa 70 metri, ricavati a sette metri crca di profondità, sotto un frutteto che sorge alla periferia tra Pompei e Boscoreale, all'esterno dell'area archeologica pompeiana, a partire dal 2009. 

Di quegli scavi non autorizzati, gli Izzo sono ritenuti colpevoli per una serie di motivi, ricostruiti nel corso delle indagini coordinate dall'ex procuratore aggiunto oplontino Pierpaolo Filippelli, e condivisi dal giudice Paladino nelle sue motivazioni. Innanzitutto «gli scavi sono stati realizzati prevalentemente partendo dalla loro proprietà o nelle immediate adiacenze» scrive il giudice del tribunale oplontino. Nel corso delle indagini sono stati individuati ben tre varchi di accesso ai cunicoli sotterranei. Uno in una proprietà accanto, mentre gli altri due «nella cantina degli Izzo e sotto a una botola coperta da una baracca in lamiera nel loro giardino». Inoltre, come confermato anche dal brigadiere Salvatore Sorrentino nel corso della sua testimonianza, proprio Giuseppe Izzo gli aveva fornito una piantina con il percorso dei cunicoli, «segno evidente della sua conoscenza dello stato dei luoghi». E ancora, il filo elettrico usato per illuminare i cunicoli «era collegato al loro impianto di casa», dove sono stati trovati «secchi e carriole uguali» a quelli sequestrati nei tunnel clandestini, cosi come «cassette di frutta che richiamano all'attività degli Izzo». In pratica, era stata documentata «la continua attività di scavo clandestino nell'area a nord e sud di via Giuliana» interrotta solo nel 2017, quando per la prima volta i vigili del fuoco segnalano «la presenza di un blocco di pietra che chiude un varco praticato dalla cantina della casa degli Izzo» e vengono trovati gli involucri delle merendine. La testimonianza dell'archeologo Domenico Camardo, poi, ha permesso di evidenziare «i danni agli ambienti, agli affreschi e i tagli alle pareti» eseguiti dai tombaroli, mentre quella dell'architetto Roberto Martinelli è servita per ricostruire l'intera rete dei cunicoli in 3D grazie ai rilievi eseguiti con il laser-scanner. 

Da quattro anni, quell'area è stata sequestrata ed è oggetto di una campagna di scavi autorizzati che ha riportato alla luce reperti unici, come il carro da cerimonia scoperto un anno fa. Scavi che continuano, grazie al protocollo rinnovato dal capo della Procura di Torre Annunziata, Nunzio Fragliasso, e dal direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel. Dopo i cavalli bardati, i calchi dei fuggiaschi e il primo carro, proseguono le ricerche della biga, vero oggetto del desiderio della camorra e dei trafficanti internazionali di beni culturali. Grazie a quel protocollo, di recente è stato scoperto un altro sito saccheggiato dai tombaroli, la domus di Numerius Popidius Florus, in via Vicinale Tufano a Boscoreale: sequestrato, sarà riqualificato come Civita Giuliana.

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Il Mattino