«Noi, mamme e modelle per un giorno: così sfidiamo la camorra di Ponticelli»

«Noi, mamme e modelle per un giorno: così sfidiamo la camorra di Ponticelli»
«Qui non impariamo soltanto un mestiere, ma riscopriamo la nostra identità di mamme e mogli». Posano con disinvoltura davanti alla carcassa di una barca alle...

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«Qui non impariamo soltanto un mestiere, ma riscopriamo la nostra identità di mamme e mogli». Posano con disinvoltura davanti alla carcassa di una barca alle spalle degli alloggi occupati abusivamente al Rione De Gasperi, pronte a sfilare con gli abiti che hanno creato con il loro ingegno e le loro mani. Sono le partecipanti del laboratorio di sartoria promosso dall'associazione Remida a Ponticelli, che ha dato vita a una collezione nata da tessuti recuperati da scarti industriali e sequestrati alla malavita. Un progetto che nasce come sfida ai luoghi comuni legati alla periferia orientale, dove un gruppo di donne ha deciso di mettersi in gioco. «Prima non sapevamo nemmeno cucire, oggi disegniamo cartamodelli», spiegano a margine della presentazione dei loro modelli tra le vie del quartiere. 

«Aspetta, voglio mostrare la gonna che mi sono cucita da sola». Cristina, 51 anni, rossetto rosso, capelli neri, è madre di due figli di 28 e 34 anni, «in più nonna di 4 nipoti», si affretta a precisare sorridente. Insieme a Rebecca, Assunta, Paola e le altre sono le modelle-sarte che ieri sera hanno illuminato via Curzio Malaparte, nel cuore del Rione De Gasperi. La sfilata ha preso le mosse dalla sede dell'associazione Remida Napoli, che ha promosso «S'Arte», progetto che ha visto in passerella le utenti della sartoria sociale che hanno indossato gli abiti creati a mano da loro stesse. Una capsule collection realizzata attraverso il metodo del recupero creativo di tessuti e altri materiali di riuso. A impegnarsi, per circa un anno, le donne del laboratorio «Attaccar Bottone» che, sostenuto dall'otto per mille della Chiesa Valdese, intende offrire opportunità di formazione e inserimento lavorativo in un contesto delicato come quello della zona est. Le sarte-modelle sono state accompagnate da esperti in cucito e moda e dal gruppo di ricerca guidato da Maria Antonietta Sbordone, docente del corso di Fashion ed Ecodesign presso il dipartimento di Architettura e Disegno industriale dell'Università Vanvitelli: «Da anni collaboriamo con Remida sul tema del riciclaggio creativo, usando materiali che per il mercato non hanno più nessun interesse commerciale e facendo in modo che diventino il centro di attività socialmente utili per queste donne».

«Abbiamo presentato tutto il lavoro svolto durante l'anno - spiegano due delle protagoniste, Paola e Assunta, di 44 e 56 anni - è stata un'esperienza molto felice, perché attraverso questi tessuti, che sono maschili e sarebbero andati distrutti, perché di scarto e sequestrati alla criminalità, ci è stata data la possibilità di recuperarli e allo stesso tempo salvaguardare l'ambiente. Finora non avevamo mai cucito, a parte attaccare un bottone. Abbiamo avuto l'opportunità, oltre che di imparare un mestiere e trovare un lavoro, di stare insieme e formare un team affiatato». Un modo soprattutto per mostrare un'altra immagine di Ponticelli: «Quello che qui emerge sempre è il lato negativo, invece ci sono tantissime realtà che operano per far vedere il bello che c'è e che va valorizzato». «Questo è il momento finale di un percorso che va avanti da 5 anni - spiegano Anna Marrone e Paola Manfredi, di Remida - un corso di formazione dove le donne apprendono un mestiere. Poi la sartoria è diventata un luogo di incontro dove donne dai 20 ai 70 anni possono stare insieme, raccontandosi gioie e dolori. Inoltre la sfilata cade a conclusione di un periodo difficile per tutti cioè la pandemia, durante la quale le partecipanti del corso hanno cucito e regalato mascherine alle famiglie in difficoltà del quartiere». 

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Il Mattino