«Io, precaria da 7 anni e offro lavoro a termine: ma che festa è questa?»

«Io, precaria da 7 anni e offro lavoro a termine: ma che festa è questa?»
Una vita da precaria come tante. Da sette anni Stefania Mele è alle dipendenze del ministero del Lavoro (Anpal Servizi), il suo compito è aiutare chi cerca...

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Una vita da precaria come tante. Da sette anni Stefania Mele è alle dipendenze del ministero del Lavoro (Anpal Servizi), il suo compito è aiutare chi cerca un'occupazione. Ma lei stessa non ha un posto fisso. «E andando avanti così spiega non lo avrò mai». Per lei, e per suoi seicento colleghi che da anni collaborano con le sedi distribuite sul territorio, il Primo Maggio ci sarà poco da festeggiare. Loro, esattamente come il popolo dei rider e come i tanti che contano i giorni alla scadenza dell'ennesimo contratto a termine, fanno fatica anche ad organizzarsi, a protestare, a manifestare: il lavoro liquido ha liquidato da tempo innanzitutto i loro diritti. Anche se molti non rinunciano al sindacato, sfilare non è certo la prima preoccupazione per chi non può fare un mutuo né organizzare una famiglia.


«Io non sono sposata e non ho figli racconta Stefania - ho 46 anni e abito da sola nella casa che fortunatamente ho ereditato dai mio padre e mia madre: faccio parte di una generazione che vive molto grazie a quello che i genitori hanno creato in precedenza. E' frustrante? Certo. Ma è meglio della fame».
 
Stefania e gli altri, quelli che qualcuno ha definito bamboccioni, sono abituati a vivere giorno per giorno, scommettendo sulle proprie capacità e anche sulla fortuna: «L'instabilità diventa una condizione mentale e influisce sulle scelte di vita spiega lei - la precarietà è la nostra bandiera generazionale, ma non è una bella bandiera. Sembra che da un momento all'altro arriverà la sicurezza e invece il traguardo viene continuamente spostato in avanti. Così si diventa vecchi senza accorgersene».

Un tempo dipendente del ministero era sinonimo di lavoro grigio, ma sicuro. Oggi non è più così: «Io ho un contratto di collaborazione coordinata e continuativa con l'Anpal servizi che è la parte operativa dell'Agenzia del ministero del Lavoro racconta Stefania - In altre parole aiuto chi a trovare occupazione». Ma lei resta precaria. Perché, spiega, «lavorare nel settore delle politiche pubbliche oggi vuol dire essere perennemente in bilico». Un paradosso che sta per diventare un assurdo: «Tra poco saranno assunti i cosiddetti navigator che saranno anche loro precari. Ci saranno altre tremila persone dal futuro incerto. E invece, da laureata in economia e commercio, ritengo che un servizio, soprattutto se pubblico, funziona bene se si avvale di personale competente e stabile. Invece nel nostro Paese le politiche del lavoro cambiano continuamente, i provvedimenti si accavallano e i risultati si allontanano. Non c'è un orizzonte sicuro e anche noi operatori del settore restiamo instabili».

Stefania è in transito all'Anpal da sette anni, eppure è una di quelle con minore anzianità aziendale. «Ci sono miei colleghi che collaborano, da precari, da quindici anni», spiega. Per tutti loro il Primo maggio sarà solo un concertone? «Ma no si ribella la precaria È vero, siamo in difficoltà. Ma resta il fatto che il lavoro dà dignità e quindi va tutelato. Il tema oggi non è solo trovare un'occupazione, ma anche svolgerla bene: precarizzare il lavoro vuol dire disperdere competenze». Perciò, tra mille difficoltà, c'è chi non rinuncia al sindacato: «Organizzarsi è l'unico modo per mettere insieme individualità che tra l'altro sono sparse sul territorio. Nel nostro settore sono nati anche molti movimenti e modi informali di comunicare, ma la tutela complessiva passa per il sindacato che oggi è sottovalutato, ma resta la sola possibilità di ottenere una rappresentanza. Nel mio settore esistono Cgil, Cisl e Uil. Io ho scelto l'organizzazione delle nuove identità di lavoro della Cgil».


Perché ancora oggi c'è chi non si rassegna ad avere un grande futuro alle spalle: «Tra i miei amici c'è stato chi è andato all'estero e chi ha aperto una pizzeria spiega la precaria del ministero Ma io non credo che un lavoro valga un altro». Ed allora? «Ed allora mi rifiuto di credere che diventeremo un popolo di organizzatori di bed and breakfast. Io, dal canto mio, continuerò a cercare un lavoro vero. Per me e per gli altri». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino