Principe Filippo, le due visite a Napoli perché alla Regina piaceva «Luna rossa»

Principe Filippo, le due visite a Napoli perché alla Regina piaceva «Luna rossa»
È il 1961. Martedì 4 maggio. Quello che a Napoli era il giorno degli sfratti si trasforma in un giorno di benvenuto alla regina Elisabetta d’Inghilterra e al...

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È il 1961. Martedì 4 maggio. Quello che a Napoli era il giorno degli sfratti si trasforma in un giorno di benvenuto alla regina Elisabetta d’Inghilterra e al suo principe consorte Filippo, sbarcati dal panfilo Britannia. Aria di primavera. Dal Castel dell’Ovo sparano ventiquattro colpi di cannone a salve. Le foto dell’Archivio Carbone rimandano le immagini di un’ingenua gioia, come quella dei bambini delle elementari sulle strade del Giro d’Italia.

Al porto hanno allestito una pensilina di tessuto per salutare. Lei è radiosa, in abito chiaro, una cuffietta bianca invece dei mitici cappellini simili a nature morte. Lui è in alta uniforme della Marina, inappuntabile e sornione. Sta un passo indietro, è la sua specialità, dice, dopo quella di tagliare nastri. La coppia regale è accolta da un’allegra brigata di bambini, il candore prevale sull’ufficialità. Gli scatti di Carbone ricordano le tappe del breve soggiorno partenopeo. A salutare la Rolls Royce nera e amaranto c’è gente, soprattutto sul lungomare, ma non è una folla oceanica. Qualche bandiera britannica è esposta nelle vetrine de negozi, ai balconi, ai pali della luce. Palco d’onore alla rotonda Diaz, una tappa al Vomero per incantarsi alla certosa di San Martino affacciata sul panorama. Ultima fermata a piazzale Tecchio, di fronte alla stazione di Mergellina, dove un treno attende i consorti per l’appuntamento a Roma col presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, quello dei francobolli sbagliati che valgono molto.

Dire che Elisabetta ami Napoli è un’esagerazione. Però ne conosce le canzoni, gliel’ha cantate a Londra Ugo Calise, in un concerto per soli trentatrè invitati, voluto dall’ambasciatore Manlio Brosio per riscaldare i rapporti tra Italia e Gran Bretagna. Ama specialmente «Luna rossa», ne chiede il bis. Così, dopo aver accolto l’invito di Sandro Pertini al Quirinale, dove i tavoli della cena erano a forma di ferro di cavallo per evitare che qualcuno desse le spalle alla regina, Elisabetta accetta volentieri di passare una seconda volta per Napoli, il 18 ottobre 1980. Ovviamente, Filippo è al rispettoso seguito. Al porto li aspetta il Britannia che li porterà in Sicilia. Maurizio Valenzi, il primo sindaco comunista di Napoli, porta il saluto della città. Accanto a lui la moglie Litza stringe disinvolta la mano della sovrana. Il presidente della Giunta regionale, De Feo, non conosce l’etichetta e si esibisce in un proibito baciamano. C’è pure il ministro Scotti e il gruppo folk torrese Li Ciaravoli, molto apprezzato.

Stavolta manca la Rolls Royce, sostituita da una più modesta Fiat 132 blu. Elisabetta oramai è classica, cappottino rosso, cappello in tinta con frutti rossi, Una bambina le offre gelsomini giapponesi. Le signore napoletane che contano fanno a gara per un invito al ricevimento serale sul panfilo, riservato a 106 vip. Quando ripartono, soddisfacendo un desiderio di Sua Altezza, il cielo di Napoli s’illumina di fuochi d’artificio. Però Napoli dirà anche un no alla regina, che nel 1982 si innamorò di un cammeo esposto a Londra da Basilio Liverino, inciso a fine Ottocento da Giovanni Sabbato. Si disse pronta a firmare un assegno in bianco, ma il corallaro-imprenditore rispose: «Maestà, mi perdoni, ma l’arte si custodisce, non si vende». 

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Il Mattino