Real bosco di Capodimonte, la bellezza ritrovata: amore, ricordi e ironia sulle panchine

Real bosco di Capodimonte, la bellezza ritrovata: amore, ricordi e ironia sulle panchine
Una panchina per due. Dedicata ad Annarella: «Per poterle sedere sempre accanto, tenendola per mano». Una panchina per non dimenticare. Voluta da un notaio....

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Una panchina per due. Dedicata ad Annarella: «Per poterle sedere sempre accanto, tenendola per mano». Una panchina per non dimenticare. Voluta da un notaio. «Alla memoria degli uomini di pace Luca Attanasio, Vittorio Iacovacci e Moustafa Milambo, uccisi barbaramente in Congo il 22 febbraio 2021». Una panchina rossa, l'unica di questo colore, contro violenza sulle donne. Un'altra è anti-camorra. Di Nunzio Giuliano, che si rivolge ai ragazzi: «Ribellatevi a un destino scritto da altri. Studiate! La cultura è libertà». Messaggi forti, necrologi e frasi d'amore, ma senza cuori più incisi nel tronco degli alberi.

È il Real bosco di Capodimonte, il parco ritrovato, adornato dalle installazioni dei cittadini: se ne contano oltre 160 in tre anni e mezzo. Due o tre le donazioni a settimana, nel mezzo della pandemia. «Le richieste sono arrivate anche durante il lockdown», certifica Stefania Albinni, che si occupa dell'iniziativa per l'associazione Amici di Capodimonte, ed è custode dei pensieri e di questi beni particolarmente cari ai napoletani. «In tanti sono frequentatori abituali, e ne sollecitano la manutenzione, se serve», sorride. 

La sua preferita è la «DiversaMente panchina». Dedicata «ad Antonio, detto il furbo, che per fortuna è mio fratello». Firmato «Ciro». La più spiritosa è invece di Antonio Corioccarelli, si trova davanti all'ex campetto di calcio e ha una frase in dialetto e al plurale. Esorta: «Guagliù, dopp' a partita, arrepusammece ccà!». I seminaristi Vincenzo Melito, 29 anni, e Francesco Falanga, 21, non se lo fanno ripetere due volte. «Veniamo spesso qui», spiegano. Così «la panchina orienta il nostro sguardo e modella il nostro stato d'animo». La citazione è di Michael Jakob, ed è tratta dal saggio sui giardini e le epoche ricostruiti dalle panchine reali, come le «panche di via» di Firenze o Pienza e quelle stravaganti di Bomarzo, a quelle letterarie (Rousseau, Stifter, Sartre), artistiche (Manet, Monet, Van Gogh, Liebermann) o cinematografiche (Vertov, Antonioni).

A Capodimonte c'è spazio anche per gli articoli della Costituzione, 4 e 21, mentre è opera del notaio Sergio Cappelli il ricordo delle vittime in Congo. Ma la targhe alla memoria sono di più, le più numerose. Salvatore, Maria Pia, Stefano, Marina, Caterina ricordano la mamma Emilia Isernia. Le classi C e A Sveva. Una panchina è intestata a Maddalena Radice Novelli, storica dell'arte, scomparsa nel 2017. A 87 anni. Un'altra a Giuseppe Matacena, 1928, maestro falegname, perché «in questo luogo visse un'infanzia felice». Assunta Berretta è una «nonna speciale», basta «una sosta per ritrovarsi». Seguono gli spot, di aziende, pizzerie e trattorie. Luisa propone una massima adattata alla tavola: «La vita è troppo breve per non mangiare bene». E le panchine con dedica arrivano fino alla Fagianeria, dove c'è la fila per i vaccini anti-Covid. «Meno male che ci sono», dice Asia Desideri, 22 anni, davanti alla scritta del Banco di Napoli: aspetta il fidanzato convocato tra i caregiver.

«Il belvedere resta, però, il punto più suggestivo», interviene Peppe De Luca, 35enne addetto alla vigilanza, che conosce ogni angolo di Capodimonte. Il posto perfetto per giurarsi eterna passione o anche solo per leggere nella bellezza. Qui c'è la panchina adottata dal Mattino, che riporta le parole di Matilde Serao sul giornalismo: «Ha un larghissimo ideale da raggiungere». 

Non lontano, una panchina è riservata a O surdato nnammurato dalla famiglia Falco Brown. Un'altra è carica di nostalgia. «Nei passi di allora i sogni, incisi qui i ricordi», scrivono i giovani di Villa Teresa nell'80. Ma i veterani sono «i ragazzi di via Ponti Rossi 37», dai capelli bianchi e grigi. Invece, Ornella Visconti ha 48 anni e raggiunge con il marito la panchina rossa portata dalla III Municipalità (il presidente Ivo Poggiani ha fatto inserire anche il suo nome), e domanda: «Non sapevo fosse un simbolo: è un bene o un male, stare qui?». Alle sue spalle la «panchina per le donne» voluta (ma senza dichiararlo apertamente) dalla ginecologa Rosetta Papa, e due ragazze fanno ginnastica e, più in fondo, un giovane suona la chitarra e un anziano porta a spasso il bassotto, allentando la presa del guinzaglio. Perché non solo le panchine si possono adottare. Anche portabiciclette, fontanelle e beverini per Fido. Difatti, Bruno Castaldo suggerisce: «Quando non sai a chi raccontare le tue pene, ricorda che il cane ti ascolta». Così l'albero delle orchidee è piantato nel nome di Alice Aragona, Francesco de Crescenzo, Antonio de Michele, Riccardo Improta, Francesco Miccinelli, Mesia Nasi. «I nostri angeli», scrivono i genitori di Terra dei fuochi. Ancora: nel giardino dei principi, la cura di una magnolia si deve a Marco de Feso e «alla sua tenace passione per la natura»; mentre il direttore Sylvain Bellenger, sostenitore di una ceiba speciosa, guarda già al futuro: «Quest'albero testimonierà dopo di me la passione che mi ha ispirato Capodimonte». Intanto, una panchina è «tutta per te» grazie al personale del museo e real bosco di Capodimonte che ha fatto una colletta per accogliere al meglio i visitatori. Un altro gesto di sentimento. Da uomini e donne d'amore.

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Il Mattino