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«A De Luca ricordo che senza Pd non esisterebbe nemmeno lui, la vittoria è di Manfredi e di quella parte di Napoli che ha chiesto di voltare pagina». Spiega Francesco Boccia parlamentare del Pd e responsabile degli enti locali del partito in risposta al governatore che sibillinamente subito dopo la chiusura delle urne ha notato «che Pd e M5S insieme arrivano al 22%». Bollando il M5S «come irrilevante» più o meno come il suo partito. A rispondergli questa volta è il ministro degli Esteri Luigi Di Maio: «Le sue liste sono arrivate dopo le nostre, se noi siamo ininfluenti non so lui cosa sia» dice. Cancellando così quella foto del 4 ottobre dove tra di Maio, Manfredi e Fico c’era anche De Luca. Insomma l’anteprima della direzione provinciale del Pd all’Hotel Ramada è stata turbolenta a testimonianza che le bordate di De Luca hanno lasciato il segno.
Così, il sindaco Gaetano Manfredi - che era arrivato per celebrare la sua vittoria e quella del Pd che dalle urne è uscito primo partito della coalizione che comprende anche il M5S - si è trovato invece suo malgrado al centro di un fuoco incrociato di chi doveva delle risposte a De Luca. Il sindaco in questo contesto ha gettato acqua sul fuoco e ammonisce: «Oggi nessuno vuole conflitti politici, posizioni tattiche o strategia, il voto che ci è stato dato è un messaggio che dice “vogliamo voltare pagina”».
E infatti tiene al centro del suo discorso la città e le sue problematiche: «È bastata - racconta - una protesta dei dipendenti dell’Asìa e la città è ripiombata nell’incubo rifiuti.
Un Manfredi tranchant: «Siamo una città immobile, veniamo da 10 anni di occasioni perdute, all’interno del nostro successo c’è voglia di cambiamento e per poter rispondere bisogna mettere in moto il Comune. Negli ultimi dieci anni si è avuta la percezione che chi faceva l’assessore si trovava lì per caso». Il tema è molto sentito dal fratello del sindaco Massimiliano, consigliere regionale del Pd, che dopo 4 mesi rompe il silenzio e dà una svegliata al partito: «Anche all’interno del Pd dobbiamo aprire una nuova stagione di centralità del Mezzogiorno nelle politiche e nella costruzione dello stesso Pd. Non è una questione che riguarda solo gli assetti di Governo, anche il Pd a tutti i livelli deve rendersi conto che dopo i netti successi delle Regionali e delle Comunali di Napoli, deve aprire una riflessione sulla centralità del Mezzogiorno nelle sue politiche. Nella rigenerazione e nel ridisegno del partito, il Sud, Napoli e la Campania devono contare di più».
È noto che tra i dem anche i giorni della felicità per un successo che mancava da 10 anni può diventare l’occasione per polemizzare. È evidente che le ferite del passato hanno lasciato una traccia profonda. Bruna Fiola, consigliera regionale, spiega: «La vittoria non è del Pd e della coalizione, ma di Manfredi. Ha messo in campo una lista civica in 30 giorni, che è arrivata seconda e non ci sono figure riconoscibili del Pd, mentre nelle altre liste sì». La chiusura del cerchio è di Sarracino: «Siamo partiti dal dato di fatto che nel 2011 e nel 2016 non siamo arrivati nemmeno al ballottaggio. E nessuno scommetteva che avremmo preso il 12% diventando il primo partito». Quindi l’affondo finale: «Si poteva fare di più? Certo, Bassolino ha sottratto qualcosa così come l’avere una coalizione di 13 liste. Ma abbiamo combattuto e respinto chi si voleva candidare solo per essere eletto come se il Pd fosse un taxi».
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Il Mattino