Nessuna forma di malattie quali la malaria e una dieta equilibrata, ma spesso con problemi dentali. È quanto emerso da un'indagine, ancora in corso e che si...
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Tutti questi scheletri sono oggetto di studi antropologici, isotopici e di Dna condotti in collaborazione con l'università del Michigan (prof Nicola Terrenato) e l'università della West Florida (prof Kristina Killgrove), con l'aiuto di Andrea Acosta, dottoranda all'università del South Carolina, studi che stanno rivelando interessanti informazioni sullo stile di vita e le patologie diffuse all'epoca. L'indagine, di cui si è conclusa una prima fase, ha previsto esami condotti per la prima volta nell'area Pompeiana su un contesto così ampio e complesso (finora studi del genere si erano concentrati nella sola zona di Ercolano).
Tra gli scheletri ritrovati, spiegano i ricercatori, ci sono almeno due donne incinte, con gravidanze quasi a termine. Un numero significativo di vittime era biologicamente correlata, vista la presenza riscontrata di tratti genetici comuni. In particolare, molti di loro presentavano denti incisivi di forma caratteristica, che si riscontra raramente in scheletri del primo secolo dopo Cristo di altri ambienti romani e che sembrerebbe quindi accomunarli. L'analisi del campione scheletrico attesta in generale un buono stato di salute dei fuggitivi.
A differenza delle indagini svolte in altre aree del mondo romano su scheletri ritrovati nelle necropoli, gli studi portati avanti nell'area vesuviana consentono di indagare lo stile di vita di individui di varie età, soggetti a morte violenta e nel pieno della loro vita. Il fatto che non emerga alcuna indicazione circa patologie quali l'anemia, può significare che a Oplontis malattie quali la malaria non erano presenti e che la popolazione aveva una dieta sana. Al contrario, la situazione dentale variava parecchio: molti scheletri rinvenuti presentano infatti mascelle con denti mancanti o deteriorati, con molte carie o erosione dentale. In alcuni bambini e adolescenti, l'analisi della dentatura sembrerebbe denunciare un periodo prolungato di malattia o fame.
Le ricerche, condotte dalle università americane insieme alla direzione del parco archeologico di Pompei, sono state finanziate dal National Endowment for Humanities, dalla Rust Family Foundation for Archaeological Research e dall'Università della West Florida. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino