«Stop cure in ambulanza, a Napoli malati Covid tutti in ospedale»

«Stop cure in ambulanza, a Napoli malati Covid tutti in ospedale»
«Non ci siamo mai tirati indietro e continueremo a non farlo. Il 118 è un servizio primario: ne siamo assolutamente consapevoli ma è chiaro che in queste...

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«Non ci siamo mai tirati indietro e continueremo a non farlo. Il 118 è un servizio primario: ne siamo assolutamente consapevoli ma è chiaro che in queste condizioni qualche contraccolpo sarà inevitabile». Giuseppe Galano, presidente regionale Aaroi, associazione Anestesisti rianimatori italiani, e responsabile del 118, non ha dubbi: «Quando aumentano i contagi - e inevitabilmente la medicina territoriale va in affanno - il 118 viene coinvolto in maniera molto più massiccia e determinante».

È quello che sta accadendo?
«Purtroppo sì».

Quindi?
«Faremo il possibile con i mezzi che abbiamo a disposizione».

Che cosa vuol dire?
«Lo spiego subito. Se in un'ambulanza non c'è il medico si può fare solo una cosa: trasportare il paziente in ospedale. Niente di più».

E a bordo i camici bianchi sono sempre meno. O no?
«Basta un dato per spiegare meglio la situazione: dallo scorso marzo a oggi ho perso oltre trenta medici, un terzo della forza lavoro di tutto il Servizio. E adesso scarseggiano pure gli infermieri».

Proprio adesso che il 118 - più del solito - dovrebbe lavorare a pieno regime.
«Un equipaggio senza medico non può fare né diagnosi né terapie. E i tanti casi di Covid che potrebbero essere gestiti a casa in assoluta tranquillità, finiscono invece in ospedale».

Con il rischio di intasare inutilmente i reparti.
«Certo. Senza contare il disagio, e lo stress, del ricovero per un paziente che, curato adeguatamente, sarebbe potuto rimanere nel suo letto».

Siamo di nuovo in emergenza?
«È certo che da oggi aumenta il numero di posti letto in città. L'Ospedale del mare ne mette a disposizione quaranta tra degenza e sub intensiva ma la Asl Napoli 1 ha fatto sapere di essere pronta a incrementare anche quelli in terapia intensiva».

Speriamo non ce ne sia bisogno.
«I contagi sono in aumento. Non lo dico io ma i numeri. Da qui la necessità di iniziare a attuare una parziale riconversione dei posti ordinari. In ogni caso va anche detto che ci stiamo difendendo abbastanza bene. Non voglio fare elogi ma la Campania è diventata un modello per altre realtà nazionali».

Per quale ragione?
«Rispettiamo le regole più degli altri: dalle mascherine al resto. Con le terze dosi poi stiamo viaggiando bene. La campagna Asl sta dando buoni risultati».

Dose booster necessaria, insomma.
«È l'unica arma che abbiamo a disposizione per sperare di mettere fine a questo virus che invece continua a riservarci sorprese tenendoci sempre in allerta».

Vaccino per tutti, insomma.
«Anziani, fragili, docenti e operatori sanitari: sono le categorie che devono farlo subito, ovviamente nei casi in cui sono già passati sei mesi dalla seconda dose o dalla malattia. Dai 18 anni in poi tutti possono immunizzarsi ed è giusto che lo facciano».

Torniamo al 118 e alla mancanza di personale.
«C'è una soluzione».

Quale?
«Incentivare e gratificare gli operatori. Attenzione, però. Non mi riferisco solo al personale a bordo delle ambulanze ma anche a quello in servizio nei pronto soccorso e agli anestesisti».

L'intero settore dell'emergenza.
«Certo. Non si può solo chiedere senza mai dare nulla in cambio. È chiaro che i giovani medici poi scelgono altre specializzazioni. Perché dovrebbero svolgere mansioni più onerose e stressanti e ricevere lo stesso trattamento economico di colleghi che invece ricoprono ruoli diversi».

Incentivi, insomma.


«Come è giusto che sia e come accade in tutte le realtà professionali ad eccezione della sanità. Pretendiamo sempre nuovi sforzi e un impegno ogni volta maggiore: a costo zero basta così. E mi dispiace quando sento che c'è chi pensa solo al pronto soccorso: noi operatori dell'emergenza siamo tutti uguali e navighiamo sulla stessa barca». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino