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Bullizzata quando usciva di casa, umiliata anche quando andava a scuola, tutto un mondo contro. Una giovanissima transgender napoletana di 18 anni si è suicidata lunedì scorso (ma la notizia è trapelata solo ieri) nella sua abitazione di Miano.
L'enormità della sua tragedia è racchiusa in uno dei suoi ultimi messaggi: «A volte mi chiedo cosa ci sia di sbagliato in me. In fondo sono sempre un essere umano. Ma ormai sono in un labirinto senza uscita». Storia triste di Giovanni, che già da adolescente aveva deciso di farsi chiamare Chiara e che non ce l'ha fatta a sopravvivere
Lei aveva provato a resistere, affidando il presente fatto di paure e un domani di speranze anche al Gay Center di Roma, tra i principali centri italiani per i servizi rivolti alla comunità Lgbt.
Ma poi valla pure ad affrontare, la vita e le cattiverie gratuite di chi ti prende in giro, di chi incrociandoti mentre magari vai a comprare il pane ti grida ricchione; quei sorrisetti idioti dei compagni di classe che quando entri in aula si divertono a dire che «è arrivato o femminiello»: tutto questo alla fine si trasforma in un macigno.
E così Chiara lunedì mattina, approfittando dell'assenza momentanea della mamma, che era uscita a fare la spesa, ha annodato un cappio fatto col lenzuolo al soffitto di casa, e si è lasciata andare. Vivere quella condizione era diventata un'impresa insostenibile.
A dicembre avrebbe compiuto 19 anni.
«A volte mi chiedo - scrisse Chiara in una lettera - cosa ci sia di sbagliato in me. In fondo sono sempre un essere umano. Io mi sento una donna, vorrei riconoscermi, vestire al femminile e non da maschio, vorrei avere più spazio, essere tranquilla e non avere paura. Mi sento in un labirinto senza uscita». Quella telefonata al numero verde avviò un iter e Chiara acconsentì di rivolgersi alla polizia. Ma quando gli agenti arrivarono lei dapprima ritrattò tutto e non ebbe il coraggio di denunciare i soprusi, le angherie e le violenze. Poi alla fine ci riuscì e grazie alla Gay Help Line e tramite l'Oscad (l'Osservatorio interforze del Ministero degli Interni contro gli atti discriminatori), venne accolta in una comunità, dove è rimasta fino a 18 anni. Il padre nel frattempo era morto, e la mamma disabile e le sorelle questa volta sono riuscite ad accoglierla.
«Siamo profondamente addolorati dalla notizia della morte di Chiara - dice Antonello Sannino, segretario di Arcigay Antinoo Napoli - già due anni fa aveva denunciato la sua condizione di emarginazione e il bullismo che era costretta a subire da quando aveva deciso di esprimere la sua identità femminile. La rete associativa e le istituzioni possono dare risposte importanti. Noi ci siamo e ci saremo sempre, con una rete che lavora costantemente per l'accoglienza e per il supporto di ognuna di queste situazioni».
«È una vera tragedia - commenta Emanuela Ferrante -, constatare che ancora oggi, nel 2022, un diciannovenne possa suicidarsi per questioni legate all'identità di genere ci dimostra che c'è ancora tanta strada da fare», dichiara Emanuela Ferrante, assessore alle Pari opportunità del Comune di Napoli - Napoli è stata la prima città ad inaugurare una casa comunale per accogliere le persone Lgbtqi. Nei prossimi giorni approveremo una delibera per istituire un osservatorio comunale per il contrasto all'omotransfobia. L'obiettivo primario è quello di garantire pari dignità e tutela a tutte le persone, indipendentemente dal sesso e dall'orientamento sessuale».
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