Università telematica Pegaso, inchiesta bocciata: «Errori e pesanti equivoci»

Università telematica Pegaso, inchiesta bocciata: «Errori e pesanti equivoci»
Ipotesi investigative frutto «di palesi equivoci, di errate ricostruzioni e di contraddizioni logiche». Sono le conclusioni dei giudici del Riesame che hanno disposto...

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Ipotesi investigative frutto «di palesi equivoci, di errate ricostruzioni e di contraddizioni logiche». Sono le conclusioni dei giudici del Riesame che hanno disposto il dissequestro di cellulari e computer per i vertici della Pegaso, università telematica napoletana finita in una indagine della Procura di Napoli. Un mese dopo lo stop del Riesame, è possibile leggere le motivazioni che hanno spinto i giudici (presidente Alfonso Sabella, Stefania Amodeo, Cettina Scognamiglio) a restituire telefonini, computer e supporti informatici. In diciotto pagine, si smonta l'ipotesi di corruzione che aveva dato vita ai sequestri, accogliendo le richieste del presidente Pegaso Danilo Iervolino (difeso dagli avvocati Vincenzo Maiello e Giuseppe Saccone), del direttore scientifico dell'università telematica Francesco Fimmanò (difeso dall'avvocato Saccone), in una vicenda che ha visto coinvolti anche il viceprefetto Biagio Del Prete (assistito dall'avvocato Ernesto Cicatiello), e alcuni consulenti (difesi dagli avvocati Virgilio Marino e Luigi Petrillo). 

In sintesi, non c'è alcuna evidenza di un accordo tra i vertici della Pegaso e un giudice del Consiglio di Stato per ottenere un parere favorevole (o comunque non negativo) per arrivare - tramite il vicepredetto Del Prete (all'epoca capo della segreteria tecnica e politica del Miur - a una soluzione legislativa che potesse favorire la stessa università telematica napoletana. Nessuna prova - insistono oggi i giudici - che l'emendamento alla legge di Bilancio del 2020 sia stato costruito a tavolino (anche grazie al ruolo di due parlamentari) per favorire la Pegaso nella trasformazione in società commerciale. E il Riesame insiste: «Appare chiarissimo come il viceprefetto Del Prete non abbia mai dato alcuna notizia segreta o riservata a Danilo Iervolino (e del resto la procedura consultiva si svolgeva alla luce del sole) e si sia limitato ad aggiornarlo, tutt'al più con qualche ora di anticipo, sull'iter burocratico della pratica fornendogli informazioni che, sulla base delle diffuse regole in materia di pubblica amministrazione, Iervolino aveva pieno diritto ad avere». Ed è ragionando su una vicenda bollata come «confusa», che il Riesame prova a fare chiarezza sull'iter che ha garantito un nuovo regime tributario a una ventina di università private: «La Pegaso - scrivono i giudici - non sarebbe stata l'unica beneficiaria di quell'emandamento che, anzi, la penalizzava nella misura in cui espressamente ne vincolava l'operatività alla mancata costituzione degli atenei non statali in società commerciali». E, tornando sui rapporti con il Miur, il Riesame diventa caustico: «Non può realisticamente ipotizzarsi che, in una questione che varrebbe svariati milioni di euro, la mazzetta possa essere costituita dall'offerta di Iervolino di trascorrere un paio di giorni, si badi bene, insieme, in quel di Pescocostanzo». Stesso discorso per quanto riguarda il giudice del Consiglio di Stato citato nell'informativa di pg: «Manca qualsiasi prebenda o offerta illecita non potendosi certo, nemmeno in via di ipotesi, accedere alla singolarissima tesi investigativa secondo la quale la mazzetta sarebbe consistita in un master, per altro mai tenutosi, risalente a un anno e mezzo prima che il giudice stesso venisse incaricato di stendere quel parere comunque adottato dall'adunanza di Sezione». 

Conclusioni dure, rispetto alle quali - bene chiarirlo - la Procura di Napoli (indagine del pm Henry John Woodcock) potrà ricorrere per Cassazione. Ma è l'intera vicenda investigativa ad essere bocciata dal Riesame: «Lungi dall'essere fondato su un vero fumus commissi delicti, il sequestro trova la sua scaturigine in ipotesi investigative frutto di palesi equivoci, di errate ricostruzioni e di contraddizioni logiche», al punto tale da spingere i giudici a ricordare che «il sequestro probatorio deve essere inteso come mezzo di ricerca della prova e non già della notizia di reato».

Stesso discorso per quanto riguarda le intercettazioni: «Le utenze di Iervolino e dei vari soggetti che, a qualsivoglia titolo, collaboravano con lui in Pegaso, sono state oggetto di costante monitoraggi, senza che nulla di anomalo fosse emerso in proposito». 

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Il Mattino