Scampia, il dibattito dell'8 marzo per nuove azioni e proposte a favore delle donne

Il centro multiculturale Chikù e l’Econido, come guida di un'azione di comunità

L'Econido di Scampia
«Chi rom e... chi no», insieme con l’impresa sociale «La Kumpania», rilancia su queste tematiche partendo dai processi messi in piedi nel corso di...

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«Chi rom e... chi no», insieme con l’impresa sociale «La Kumpania», rilancia su queste tematiche partendo dai processi messi in piedi nel corso di questi 20 anni e lo fa dalla periferia nord di Napoli come Scampia dove i tassi di istruzione, disoccupazione e reddito rappresentano un divario all’interno della città stessa, insieme alle altre periferie.

Il centro multiculturale «Chikù», con «La Kumpania», dal 2010 si occupa di inclusione sociale e lavorativa con un gruppo di donne napoletane e romanì che hanno iniziato a riprendersi spazi di vita, di riscatto e di crescita professionale che mirano ad una piena emancipazione e liberazione, individuale e collettiva, provando ed essere nel contempo uno spazio che accoglie e non esclude, che nutre e si prende cura delle tante biografie sociali che incontra e segue.

Con l'Econido di Scampia i temi della cura, della maternità, del rafforzamento delle competenze, del mutualismo al femminile e della conciliazione tempi famiglia-lavoro sono pratiche quotidiane poste al centro del percorso educativo, uno spazio che è di riferimento per tutta la città e le cui domande d'iscrizione superano di gran lunga i posti disponibili.ù

«Le donne di tutte le età – affermano Emma Ferulano e Barbara Pierro di Chi rom e…chi no - italiane, rom e migranti, sono il centro delle nostre azioni, imprese e riflessioni, colonne portanti dei nostri spazi pedagogici, politici, sociali, professionali. Costruiamo proposte avventurose ma concrete, insieme con bambine, giovani, donne: spazi di lavoro che incentivano le passioni e rafforzano le competenze, per spezzare le catene dell'oppressione di una economia di sopravvivenza che spinge sul baratro di economie informali; spazi pedagogici che rafforzano le relazioni genitori/bambin e consolidano le identità non solo di madri ma di persone con aspirazioni, competenze, talenti e capacità, in cui le donne prendono parola, si trasformano da fruitrici a risorse preziose per l'intera comunità educante, in cui la maternità diventa una occasione di socialità e non una condanna all'isolamento; spazi creativi, artistici, culturali, in cui la creatività può scorrere liberamente e diventare detonatrice di nuovi mondi in cui ribaltare gli schemi patriarcali e oppressivi che quotidianamente invalidano e mutilano le donne e le bambine; spazi di lotta e riconquista dei diritti; spazi di benessere fisici e psicologici, per un lento ma inesorabile cammino verso una maggiore consapevolezza "ecologica", il rispetto di sè e la ripresa di contatto con il proprio corpo».

«Siamo ancora lontanissime dal raggiungimento degli obiettivi che ci siamo poste – concludono Ferulano e Pierro - perché ci scontriamo con un sistema che a livello globale non è pronto culturalmente a ribaltare gli schemi di dominio, ma sappiamo anche di essere una maggioranza non più tanto silenziosa, e che non possiamo fare altrimenti e insistere come gocce che scavano le pietre».

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Il Mattino