Nazionale: cambiare vuol dire azzerare

Nazionale: cambiare vuol dire azzerare
Ventura sarà licenziato oggi dalla Federcalcio. Ha fallito l’obiettivo Mondiale, il contratto - firmato a inizio agosto - fino al 2020 decade e Giampiero va...

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Ventura sarà licenziato oggi dalla Federcalcio. Ha fallito l’obiettivo Mondiale, il contratto - firmato a inizio agosto - fino al 2020 decade e Giampiero va inevitabilmente a casa. Non ha presentato le dimissioni, gesto che l’ex commissario tecnico Prandelli e l’ex presidente federale Abete fecero in Brasile un minuto dopo l’eliminazione: questione di stile. Sarebbero attese quelle dell’attuale presidente Tavecchio, che non è licenziabile dal capo dello sport italiano Malagò. Ma lui non vuole presentarle: a dispetto di continue figuracce - non solo quelle relative alla Nazionale - si sente blindato.


Un sommesso suggerimento a Tavecchio. Non sfidi il Coni e se ne vada dopo una gestione indecente in cui il crollo contro la Svezia - la Svezia, non la Germania - ha rappresentato il culmine. Lasci la poltrona e una Federazione debole ed evidentemente poco considerata perché gli azzurri sono stati danneggiati dagli arbitri negli spareggi pur essendo il direttore generale di via Allegri, Uva, il vicepresidente dell’Uefa. Sono stati commessi tanti macroscopici errori, a partire dal sostituto di Conte, che aveva collezionato appena una manciata di partite all’estero nella sua trentennale carriera prima di sedere sulla panchina dell’Italia. Al di sopra di Ventura avrebbe dovuto esservi l’ex ct mondiale Lippi, ma non fu possibile perché vietato da una regola sulla parentela tra dirigenti federali e procuratori calcistici: Tavecchio incredibilmente non ne era al corrente. E così è arrivato il signor Giampiero, un onesto lavoratore ma niente di più, certamente non paragonabile a colleghi dalle idee innovative, come il vate Sacchi o il discepolo di Arrigo, Sarri.
Ci sono stati molti presidenti di club che hanno appoggiato la scalata dell’ex numero uno dei Dilettanti nel 2014 e nello scorso marzo, preferendolo a due accreditati avversari, Albertini e Abodi, un ex grande calciatore e un ottimo manager. Quegli stessi presidenti che magari adesso lo attaccano davanti alle tv o dietro le quinte. Il presidente della Figc è a capo di un settore inquieto, con la più importante delle quattro leghe, quella di A, commissariata. Oggi si confronterà con i suoi vice e i consiglieri che rappresentano le categorie in consiglio federale e presenterà un piano. Ma può averne realmente uno che ripulisca il calcio italiano e gli ridia vigore? Come potrebbe, ad esempio, convincere gli sponsor a finanziare il sostanzioso stipendio di un grande tecnico (Ancelotti?) così come accadde nel 2014 quando Conte sostituì Prandelli? Sono sfumati introiti per almeno 80 milioni per la Federcalcio dopo l’eliminazione ed è chiaro che nella riunione ristretta di oggi verrà chiesto a Tavecchio come vuole agire. 
L’ago della bilancia è il presidente della Lega dilettanti, Sibilia, il senatore avellinese che controlla un terzo dei voti del Consiglio federale. È legato a Malagò, che vorrebbe dall’altroieri il ragioniere Carlo fuori dalla Federazione, e toccherà a lui la decisione chiave in questa storia amara perché la squadra azzurra, come ricorda il professore Franco Cardini su questo giornale, era rimasto l’unico simbolo della coesione nazionale.
Si deve ripartire con altri uomini e nuove idee. Ventura ha tutte le colpe di questo mondo, però non rappresenti uno schermo o un alibi. Ha fallito anche chi lo ha preso e deve congedarsi. Serve una governance che riformi il calcio, e ancor prima i campionati, e dia forza a un progetto di rilancio che non può essere basato sulla creazione di centri federali in ogni provincia di Italia. Non basta per mettersi al passo di nazionali come Francia e Germania, arrivate a vincere i Mondiali dopo brucianti sconfitte. Nel piano di più ampio respiro devono entrare gli stadi - la migliore squadra d’Italia, il Napoli, gioca in un impianto che è stato rappezzato con i denari dell’Istituto di credito sportivo - perché il gap rispetto ad altri grandi Paesi europei non è solo questione di qualità tecniche e moduli. È stata indicata la massiccia presenza di stranieri come la causa principale dell’inesorabile declino del calcio italiano - la vittoria mondiale del 2006, le esclusioni dai gironi eliminatori del 2010 e del 2014, l’eliminazione del 2017 - ma altrove gli stranieri, anche in numero elevato, hanno fatto crescere i calciatori locali: perché in Italia non va così?

Fuori dal campo, bisognerà provare a cambiare il popolo del calcio. Sono stati vergognosi i cori ascoltati al Meazza all’inno svedese l’altra sera, così come i raid ultrà che continuano ad esserci - l’ultimo a Verona da parte di un gruppo violento di napoletani - in giro per l’Italia. Proprio ieri la Procura federale ha deferito la Lazio per gli adesivi di Anna Frank con la maglia della Roma, ma ha risparmiato il presidente Lotito (l’uomo che portò Tavecchio al trionfo del 2014) che aveva aperto la Curva Sud agli ultrà biancocelesti dopo la squalifica della Curva Nord. Basta, non si può continuare così. Se ne convinca Tavecchio e si faccia da parte, in caso contrario agisca chi ha la forza per intervenire.
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Il Mattino