«Il mio Claudio suicida a New York, ora il College dovrà pagare»

La mamma del ragazzo morto un anno fa: «La scuola deve rispondere in sede civile»

«Il mio Claudio suicida a New York, ora il College dovrà pagare»
Claudio Mandia si è ucciso il 17 febbraio dello scorso anno, poche ore prima di compiere 18 anni: da oltre tre giorni era in “isolamento incustodito” nel...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Claudio Mandia si è ucciso il 17 febbraio dello scorso anno, poche ore prima di compiere 18 anni: da oltre tre giorni era in “isolamento incustodito” nel college. Una punizione esemplare per aver commesso la più banale e scontata delle “trasgressioni” scolastiche: la copia di un compito dal vicino di banco. Da qui l’espulsione, il trasferimento in un’ala isolata dell’edificio e il divieto assoluto di allontanarsi. Anche i pasti gli venivano serviti in camera per evitare che incontrasse amici e compagni. Solitudine totale. La descrizione che fanno di Claudio, nato e cresciuto a Battipaglia - figlio di due imprenditori al vertice di un’azienda che esporta pizze surgelate in tutto il mondo - è quella di un ragazzo “serio”, “diligente” e soprattutto “rispettoso delle regole”.

A cominciare da quelle imposte dalla Ef Academy, una “boarding school” privata di Thornwood, a pochi chilometri a nord di New York. Ma andiamo con ordine nel racconto di una vicenda drammatica che, proprio in questi giorni, potrebbe arrivare a una svolta. Presto prenderà il via il processo civile, inizieranno gli interrogatori, in aula sfileranno gli studenti, gli amici di Claudio, i professori. Elisabetta Benesatto non ha dubbi: “Non è stato un caso isolato. Quello che hanno fatto a mio figlio è una pratica consolidata. E io, da madre, ho il dovere di mettere in guardia genitori come noi, ignari dei trattamenti riservati ai loro ragazzi. Claudio non ha retto, ha pagato caro il prezzo dell’essere solo un adolescente in una situazione insostenibile. È vero, nessuno potrà mai restituirmelo ma il mio impegno sarà quello di evitare che possa accadere ad altri”.

Lei ha denunciato la scuola.
«L’ho fatto subito. L’istituto si è reso responsabile di un comportamento inumano, primitivo e di gravissime negligenze».

A che cosa fa riferimento con precisione?
«Comincio col dire che nessuno ci ha messo al corrente di quello che stava succedendo. Avrebbero dovuto avvisarci, era nei patti. Invece niente: espulsione, isolamento. E noi all’oscuro di tutto. Eppure la scuola sapeva che Claudio stava vivendo un momento difficile».

Difficile perché?
«Era appena guarito dal Covid, aveva perso qualche lezione e era rimasto indietro con il programma: studiava di notte pur di recuperare. Non solo. Pochi giorni prima la nostra famiglia aveva subito un grave lutto, Claudio era rimasto assai turbato e ne aveva voluto parlare anche con gli psicologi della scuola».

Torniamo alla denuncia.
«Una denuncia civile, indipendente dalle indagini penali, che nel sistema americano non sono collegate: la Procura di White Plains ha stabilito che non sussistono elementi tali da consentire la prosecuzione del procedimento a carico della Ef Academy».

Nessuna responsabilità penale, quindi.
«Ce lo aspettavamo ma andiamo avanti. Abbiamo intrapreso un cammino difficile, quello civile, che non subirà alcun tipo di influenza dalla scelta della Procura».

Vale a dire che la scuola potrebbe tornare a essere chiamata ad assumersi le sue responsabilità?
«Certo. E questa è la novità. Ora che saranno interrogati gli studenti, a cominciare dai compagni di classe Claudio, verranno fuori parecchie sorprese. Non hanno potuto parlare prima perché il procedimento penale americano non lo prevede. Lo faranno adesso davanti ai giudici della Contea di Westchester. Abbiamo saputo che la scuola sta tentando di sottrarsi alla giustizia americana chiedendo di trasferire il processo in Svizzera dove ha sede la multinazionale. Ma la Svizzera ha competenza per le controversie commerciali che nulla hanno a che fare con questioni così gravi».

Quali sono i fatti principali che porterete all’attenzione della Corte?
«Per quanto ci riguarda pretendiamo chiarezza sul tentativo di suicidio, l’anno prima, di un altro studente italiano che si tagliò i polsi, scoperto e salvato proprio da mio figlio. E poi le ultime drammatiche ore di vita di Claudio. Chiedeva aiuto via email, era debole e affamato: alcuni pasti non gli erano stati neanche serviti. Senza dimenticare l’allarme lanciato dai compagni di classe che avevano avuto modo di incontrarlo per qualche minuto».

Quale allarme?
«I ragazzi notarono che aveva dei segni intorno al collo, prova che il suicidio era già stato tentato: nessuno dei responsabili mosse un dito. Scoprirono che Claudio era morto solo quando mia figlia Martina, anche lei allieva della stessa scuola, iniziò a preoccuparsi perché il fratello non rispondeva ai messaggi. Anche su questo voglio risposte».

La battaglia va avanti.
«Ho un obiettivo importante, non facile, ma percorribile».

Dica.


«Vorrei ottenere una nuova legge, la “Claudio’s Law”, capace di cambiare il protocollo interno delle scuole private americane. Nessun ragazzo dovrà mai più vivere quelle assurde sofferenze. Solo così potrò dare un senso alla morte di mio figlio».

 

Leggi l'articolo completo su
Il Mattino