Covid a Napoli, ospedale del Mare in tilt: «Familiari dei pazienti in corsia senza controllo»

Covid a Napoli, ospedale del Mare in tilt: «Familiari dei pazienti in corsia senza controllo»
«Portami via, portami via da qua. Io qua muoio»: Vincenzo Caputo non dorme da tre giorni. Da quando il padre Gennaro è spirato nel pronto soccorso...

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«Portami via, portami via da qua. Io qua muoio»: Vincenzo Caputo non dorme da tre giorni. Da quando il padre Gennaro è spirato nel pronto soccorso dell’ospedale del Mare, è perseguitato dalle sue ultime parole. Non sa darsi pace e racconta: «Papà mi implorava di non lasciarlo morire su quella barella, e io volevo aiutarlo, ma io non ce l’ho fatta in tempo e adesso le sue ultime parole mi perseguitano…». Caputo ha presentato una denuncia in cui racconta di essere riuscito a vedere il padre morto dopo aver indossato una tuta protettiva anti Covid di sua proprietà (fa l’infermiere in una struttura privata) e di averlo trovato su di una barella tra due pazienti con il viso coperto di bava, i pantaloni abbassati e bagnato di urina. «Ho chiesto agli infermieri di coprirlo con un lenzuolo, mi hanno risposto di non averne. Mio padre era diabetico ed è rimasto per tre giorni senza bere e senza mangiare». La scena descritta è infernale: un pronto soccorso affollato dove i pazienti Covid si mischiavano ai non Covid, gente che andava e veniva, malati che urlavano per cercare di parlare ai parenti. 


Anche Ciro Iovine è perseguitato dalle parole del padre, Gennaro, che prima di morire nel reparto di rianimazione dell’Ospedale del Mare è rimasto per sei giorni nella zona dell’accettazione. In un audio invoca il figlio: «Aiutati, aiutami, mi avevano detto che mi trasferivano ma sono ancora qua, aiutami, aiutami». Ma non c’è stato niente da fare: Gennaro ha lasciato la barella solo per morire.


Nel pronto soccorso dell’Ospedale del mare in difficoltà anche chi ci lavora. Un infermiere, che chiede di restare anonimo, spiega: «È vero, nel triage non dovrebbero entrare i parenti, ma a noi è capitato spesso di vederne e non sappiamo nemmeno come siano arrivati». Entrare nell’area dove ci sono anche pazienti Covid è pero un’operazione ad alto rischio: chi si infetta rischia di diventare a sua volta veicolo di infezione. «Nel triage normalmente i pazienti sono divisi in base alla gravità delle patologie: ci sono aree verdi, gialle e rosse - racconta il sanitario - Adesso, esauriti i posti letto nell’area Covid (ubicata nell’area prima destinata al day surgery), i malati che si sospetta siano stati colpiti dal virus, dai più gravi a quelli che hanno sintomi moderati, finiscono tutti nell’area rossa insieme agli altri pazienti in condizioni critiche. Ovviamente i casi Covid dovrebbero essere isolati, ma in questo periodo non succede più». E i primi a pagarne le conseguenze sono proprio i dipendenti dell’ospedale: attualmente tra medici, infermieri, tecnici sanitari e operatori tecnici, nel solo Ospedale del mare i positivi sono 120. «Le linee guida dell’istituto superiore della sanità prevedono che il personale a contatto con pazienti positivi venga sottoposto a tampone e fino a che non si conosce l’esito continui a lavorare», racconta l’infermiere. Le precauzioni? «Ovviamente sono previste le mascherine, ma le centellinano e a volte siamo costretti a utilizzarne una per più turni o a comprarne di tasca nostra». Scarseggiano anche le lenzuola: «Qualche giorno fa mancavano anche i sacchi e l’obitorio era pieno».

Gli spazi liberi nel nosocomio di Ponticelli certo non mancano, ma non è stato previsto quello che in gergo chiamano “percorso sporco-pulito”. «Tutto quello che viene maneggiato da chi è entrato a contatto con un malato positivo non dovrebbe mai finire nelle mani di chi lavora con i pazienti “normali”, ma ormai non è più così da almeno due settimane e la situazione peggiora sempre», racconta il sanitario. Per discutere della situazione dell’Ospedale del Mare e del San Giovanni Bosco i sindacati confederali hanno chiesto un incontro con il prefetto che è stato fissato per lunedì. Intanto si continua a lavorare a ritmo forsennato: secondo la Cgil al pronto soccorso, visto che non esistono più posti letto nell’area Covid, ci vorrebbe almeno il doppio del personale.
 

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Il Mattino