Fare presto e bene per aiutare poveri, lavoratori che non percepiscono alcun sussidio o ammortizzatore sociale, famiglie con disabili, ma anche colf e badanti e pensionati al...
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È di gran lunga la priorità assoluta dell’iniziativa di De Luca. Nessuno dovrà essere lasciato indietro e in quel “nessuno” si nasconde un esercito quasi sconfinato di poveri (circa il 9% della popolazione campana secondo le ultime statistiche dell’Istat, il 25% delle famiglie indigenti del Sud), lavoratori in nero (il peso del sommerso in Campania è il 20% del valore aggiunto complessivo, pari a circa 370mila persone) e i tanti, come loro, privi di qualsiasi sostegno: non percettori cioè né di Reddito di cittadinanza, né di cassa integrazione né di altri sussidi pubblici. E ancora, famiglie con disabilità, colf, badanti (nella stragrande maggioranza non italiani), pensionati al minimo. Impossibile stabilire con esattezza quanti, nemmeno incrociando i dati Inps e quelli di altre banche dati pubbliche si potrà forse mai risalire al numero più vicino al vero. La Regione si affiderà ovviamente ai Piani di zona, gestiti dai Comuni, per avere un quadro credibile della situazione da affrontare e potrebbe concordare con gli stessi enti locali la gestione degli interventi: un orientamento del genere potrebbe essere confermato dal decreto del governo secondo quanto anticipato nei giorni scorsi al Mattino dal sottosegretario Baretta. Anche per questo non è per ora chiaro da dove verranno le risorse e di quanto si potrà spendere.
Il nodo da sciogliere è come impedire che quasi un quarto delle imprese campane ammaini la bandiera e rinunci a proseguire l’attività. Sarebbero 120mila, secondo una fonte sindacale, a rischio soprattutto nei settori del tessile, dell’abbigliamento, del turismo alberghiero, del manifatturiero metalmeccanico, della pelletteria (e non solo). La proposta più probabile è un rafforzamento del Fondo regionale di garanzia che oggi copre l’80% del rischio e che, secondo l’obiettivo indicato dal governo, dovrebbe raggiungere il 100 per 100, garantendo prestiti di durata decennale alle imprese anche di piccolissime dimensioni. La Regione, con la disponibilità ad esempio delle Camere di Commercio (e anche di enti come le Fondazioni bancarie, a partire da quella del Banco di Napoli che ha formalizzato la propria proposta in tal senso) si impegnerebbe a coprire la differenza, quel 20% cioè, che vuol dire in sostanza assicurare il pagamento degli interessi al sistema bancario che eroga materialmente i mutui. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino