Flop trasporti e classi pollaio, doppia mina sulla ripartenza

Flop trasporti e classi pollaio, doppia mina sulla ripartenza
«Basta con la DAD. Tutti, sempre in presenza». Univoci proclami bi-partisan, echeggianti sia dagli scranni di governo, sia dalle piazze di partito. Che è...

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«Basta con la DAD. Tutti, sempre in presenza». Univoci proclami bi-partisan, echeggianti sia dagli scranni di governo, sia dalle piazze di partito. Che è successo mai, nel confuso agone della politica nazionale, perché, di punto in bianco, tutti, senza distinzioni ideologiche, si proclamino saldamente concordi che «didattica» poco concorda con «distanza»? Colti da improvviso ravvedimento i nostri politici hanno capito che scuola non è solo apprendimento, bensì interazione, socialità, emozioni da condividere con compagni ed insegnanti? Proprio come, senza scomodare dotti pedagogisti, il semplice buon senso lasciava intendere.

Tutto bene ciò che finisce bene? Bello sarebbe che così fosse. Tuttavia... Tuttavia, per come stanno le cose, il rientro in aula non sempre e sicuramente si risolverà nella definitiva archiviazione del ricorso a forme di scolarizzazione virtuale, imposte da perduranti emergenze sanitarie. Troppe le questioni strutturali irrisolte, difficilmente risolvibili adeguatamente.
Iniziando dalla condizione di disagio strutturale del patrimonio edilizio scolastico. In Campania, come, del resto, in tutto il Mezzogiorno, si è fermi dal lontano “risveglio” innescato dal Piano Falcucci, a cui si devono gli interventi d’innovazione nell’edilizia scolastica, realizzati negli ormai remoti anni Ottanta. Aule insufficienti, mal distribuite, attrezzate allo stretto necessario, troppo spesso con suppellettili d’epoca. Solo di recente dotate di infrastrutture e attrezzature informatiche, tuttavia troppo spesso inadeguate ai fabbisogni contemporanei.

Per non parlare della condizione di sofferenza, morale e materiale, in cui versa l’intera classe docente e amministrativa, mortificata da ricorrente precariato e da stipendi inadeguati, comunque scarsamente attrattivi. Insomma, territorio di diffuso stato di malessere, sia per coloro che vi lavorano, sia in termini di attrattività per l’utenza giovanile che malvolentieri finisce per popolarlo.

Come si riuscirà a gestire la “sicurezza sanitaria” in un simile scenario? Quale salubrità dei luoghi verrà garantita? Di certo non sarà sufficiente il “cambio d’aria” che, già da sempre, ogni docente, al proprio ingresso in aula, consigliava. Mentre il sovraffollamento, con classi pollaio, solo nei piani di medio-lungo termine sembrerebbe trovare ripiano, grazie ai salvifici cospicui finanziamenti promessi alla scuola dall’avvento virtuoso del PNRR.

Senza dimenticare il nodo ingarbugliatissimo della mobilità legata al flusso scolastico. Irrisolvibile con la carenza di automezzi e di personale, che nessuna magia manageriale riuscirà mai a evitare. Perché anche se si dovesse realmente garantire la capienza all’ottanta per cento (ma con quali controlli?), di certo non potrebbero bastare i 400 nuovi automezzi che l’ANM pensa (comunque, non subito, bensì a scaglioni) di immettere in servizio per incrementare frequenza e capienza delle corse. Infine, a monito severo per colui che sarà il nuovo sindaco, non vada dimenticato il vergognoso primato di abbandono scolastico che caratterizza Napoli. La scuola primaria non è solo un obbligo. È un diritto. Un diritto che la città deve poter rendere pieno ed efficace. Pianificando ed investendo. Evitando di relegare ai vacui slogan del consueto chiacchiericcio pre elettorale. Occupandosene seriamente e fattivamente. Con l’analoga perizia di un buon ingegnere nella posa delle fondamenta. Consapevole che è la scuola, la scuola di tutti, la “fondamenta” insostituibile di una società democratica.

 

 

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Il Mattino