Eduardo De Filippo eterno visionario

Eduardo De Filippo eterno visionario
Eduardo è un visionario che solo accidentalmente si esprime in termini realistici». Così scrive Corrado Alvaro e la fortuna internazionale delle opere di De...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA FLASH
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
SCEGLI ORA
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Eduardo è un visionario che solo accidentalmente si esprime in termini realistici». Così scrive Corrado Alvaro e la fortuna internazionale delle opere di De Filippo dimostra che è vero. Nessun dramma e nessuna commedia, infatti, hanno avuto espansione nella storia e nello spazio senza portare in sé un alto quoziente di visionarietà. La visionarietà si sottrae al concetto di tempo.

Perché il visionario produce materiali interiori ancestrali destinati a durare per sempre. È questo il motivo per il quale Caravaggio e Picasso sfidano secoli e decenni. E che cos’è il poema di Dante se non una monumentale architettura visionaria? Il teatro di Shakespeare oscilla tra sogni di una notte di mezza estate e fantasmi di padri che tornano a provocare i figli invocando vendetta. Il teatro di Eduardo, come quello del bardo è anch’esso un pendolo che oscilla tra sogni cabalistici e fantasmi che assediano antiche case; un pendolo che oscilla tra voci di dentro e grandi magie. Che i sogni e i fantasmi si infiammino sugli spalti di un castello o attorno al tavolo sgangherato di una cucina negletta non cambia niente.

A tutto il suo lavoro di drammaturgo e attore Eduardo applicò un duro lavoro autoanalitico, creando una psicoanalisi inversa. Quando ci si reca da un analista, a seconda delle scuole ispirative cui egli appartiene, è quasi inevitabile addentrarsi nel materiale onirico del paziente. Eduardo, invece, produce la visione di una storia, convoca i suoi attori, ma non chiede loro di analizzarla. Domanda invece ad essi di sognarla per la seconda volta. Gli attori si presentano al pubblico e non gli chiedono un’attività analitica; sperano al contrario, che gli spettatori sognino per la terza volta.

La visione artistica di Eduardo, insomma, non va decodificata attraverso sistemi razionali, ma ingrandita e moltiplicata grazie alle intelligenze sensibili e irrazionali dei singoli e delle collettività. Per queste non trascurabili ragioni, Eduardo non è di ieri, non è di oggi: è di sempre. La fioritura inesausta di messinscene e film intorno alla sua scrittura dimostra che il grande autore era lontano dalla consolazione lineare del tempo, di quell’adagio quotidiano che mira a tenere in ordine quel che è successo ieri da quel che succede oggi. De Filippo crede fermamente in un tempo circolare con al centro un uomo che è equidistante da presente, passato e futuro.

Il suo rigore nella vita e nel lavoro ne fanno uno sciamano dell’arte. Il fine dei maestri spirituali dell’Oriente è la disidentificazione. Ma per riuscire a disidentificarsi bisogna prima identificarsi e farlo bene. Il presunto realismo di Eduardo: sedie di paglia, letti disfatti, porte scolorite, serve soltanto a far risaltare la potenza del sogno, giocando come un luminoso senso contrario. De Filippo è erede tecnico di una tradizione teatrale napoletana. Ma ogni tradizione ha una tradizione che la precede. Soprattutto ogni tradizione, quando nasce, è un atto eversivo che determina altri atti eversivi, cioè ancora, altre tradizioni.

Eduardo è però anche erede di una tradizione spirituale greco-napoletana fatta di spiriti, sogni platonici, colloqui con i morti. Il suo valore più prezioso è la contestazione delle comode coordinate aristoteliche della vita: l’alto, il basso, il nord, il sud, il passato, il presente. Il lavoro di Eduardo è una fuga nell’oltre, non per risolvere il mistero, ma per ingrandirlo. La sua abnegazione e il suo essere così vivo ci dice che l’arte non è fatta per guarire le ferite, ma per godere della bellezza del sangue. 

Leggi l'articolo completo su
Il Mattino