Napoli: Floridiana presa d'assalto dai teppisti, ​marmi e colonne sepolti dalle scritte

Napoli: Floridiana presa d'assalto dai teppisti, marmi e colonne sepolti dalle scritte
Il tizio, arrogante, sputa il fumo puzzolente del suo sigaro giusto al centro del viale di ingresso della Floridiana dove passano mamme, bimbi e persone anziane in cerca di aria...

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Il tizio, arrogante, sputa il fumo puzzolente del suo sigaro giusto al centro del viale di ingresso della Floridiana dove passano mamme, bimbi e persone anziane in cerca di aria pura: «Lo sa che è vietato fumare?», l’arrogante alza lo sguardo e fa un cenno che dice «lo so e non me ne frega un bel niente». I controlli dentro al parco del Vomero sono un miraggio, lo sanno bene anche gli imbecilli con bombolette spray e pennarelli che hanno ricoperto ogni angolo possibile.


Scivolare in fondo al parco per andare a inebriarsi con una vista mozzafiato della città è un po’ complicato. Il parco, riaperto dopo una lunga chiusura e una modesta opera di recupero, è ancora pieno di vialetti vietati e percorsi negati. A dire la verità anche lungo le stradine riaperte si percepisce una opprimente sensazione di abbandono, di manutenzione carente, che rende poco piacevole la camminata nel verde. Tutto diventa secondario, però, quando d’improvviso vai a sbattere contro il panorama napoletano di una domenica mattina calda di sole e di speranze estive: Posillipo da un lato, Castel dell’Ovo dall’altro, Capri in lontananza nella foschia. Sei certo d’essere di fronte al Paradiso.

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Poi abbassi lo sguardo e ti rendi conto di trovarti giusto al centro del girone degli idioti di un inferno dantesco ambientato a Napoli. La pietra scura che copre il parapetto è un tappeto di scritte: amori, poesie, simboli fallici, disegnini senza senso, disegnacci con troppo senso del volgare. Il particolare che colpisce in questa specifica porzione di devastazione della Floridiana è che sulla pietra scura bisogna scrivere necessariamente con inchiostro chiaro, bianco, e gli idioti che hanno colpito in questa zona erano dotati anche di pittura e pennarelli bianchi: qui la premeditazione è evidente.

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Qualche metro più avanti, un po’ in disparte rispetto alla villa, il tempietto ionico di Nicolini, dieci colonne coperte da una cupola di porfido sulla quale si staglia una pigna di terracotta. Era bellissimo un anno fa, a inizio maggio, quando venne restituito dopo un puntuale lavoro di restauro e ripulitura. Era orribile ieri mattina dopo il puntuale lavoro di imbrattamento della teppaglia napoletana. Non una sola colonna risparmiata, non un solo centimetro del muretto di sostegno libero dall’inchiostro. Perfino le mattonelle antiche del pavimento sono state aggredite dagli imbecilli. La palma all’idiota numero uno, fra le migliaia che hanno assaltato quel tempietto, però va alla mano anonima che ha scritto le quattro righe di una poesia considerata “maledetta”, si tratta dei versi di «se ni mondo esistesse un po’ di bene», inventati e recitati da Pietro Pacciani in aula durante il processo al “mostro di Firenze”. Inutile soffermarsi sui motivi che hanno spinto una persona a mandare a memoria e poi replicare quella poesia sulla colonna di un tempietto appena restaurato nel cuore di uno dei parchi più belli della città.

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Proprio davanti al tempietto ci sarebbe una telecamera. Ovviamente non ha nessun collegamento, e anche se l’avesse non servirebbe a nulla perché, con imbarazzante decisione, è stata puntata verso l’alto: guarda la cima degli alberi invece di osservare i cretini che sporcano e imbrattano. La risalita verso la villa e l’uscita dal parco prevede d’incamminarsi sulla maestosa scalinata in cima alla quale gorgheggia una deliziosa fontana. Le pendenze sbagliate di una ristrutturazione fanno in modo che l’acqua scivoli fuori dalla vasca e invada le scale, ma considerato il gran caldo quell’errore è benedetto: almeno porta un po’ di fresco. Dietro la fontanella c’è la base della villa, un paio di archetti e un’ampia porzione di muro sulla quale far esplodere altri indimenticabili momenti di idiozia teppistica. Ci perdonerete se il racconto sembra sempre uguale a sé stesso: anche qui poesiole infantili, dichiarazioni d’amore, membri virili di ogni foggia e dimensione, sempre lo stesso campionario di cretinaggine, insomma. Giunti all’altezza del “pratone”, l’ultimo segno del degrado. Lungo i viali del parco affollato di domenica mattina inizia a muoversi un’utilitaria che costringe mamme, bimbi e passeggini a farsi da un lato. L’auto passa vicina all’arrogante che un’ora dopo continua a sputare il veleno del suo sigaro in faccia alla gente. Povera Floridiana.
 

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Il Mattino