Niente sconti ai nerazzurri per una sera «come la Juve»

Niente sconti ai nerazzurri per una sera «come la Juve»
Mai così in alto, ma con tanti punti in campo. Prima contro seconda. Con due punti a mantenere la distanza tra Napoli e e Milano, tra azzurro e nerazzurro, tra Lumbard e...

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Mai così in alto, ma con tanti punti in campo. Prima contro seconda. Con due punti a mantenere la distanza tra Napoli e e Milano, tra azzurro e nerazzurro, tra Lumbard e Borbone ragù e risotto, con l’azzurro che deve cancellare il nero per colorare tutto di cielo nel quale annariarsi e continuare a gridare tutti dall’alto in basso, andando a comandare. Napoli-Inter, nel cuore dei tifosi, persino in quelli tiepidi, è seconda solo alla sfida con la Juventus. Sebbene le curve si rilanciavano il pesante sfottò: «Come la Juve, voi siete come la Juve».


Amatevela voi, insomma. Era e resta, per la tifoseria piu tignosa, ancora e sempre Sud contro Nord, perché Napoli se ne cade pure di interisti, non solo nella generazione che ha vissuto le epopee di Mazzola, Suarez e Corso che ancora tirano fuori quando serve nelle scazzottate sui social, ma pure di cresciuti con Rummenigge e Ronaldo. L’interista napoletano è piu snob, ma più pervasivo e gode di una maggiore benevolenza rispetto ai piemontesi bianconeri. Ma stavolta era la volta. La volta buona e la volta della svolta. L’uno-ics-due ieri sera al San Paolo significa o la «manita» in classifica, cinque punti di distacco, la fuga, il record oppure un vantaggio da controllare oppure il maledetto sorpasso.

Il cuore azzurro era in preda a un caos calmo, scosso ogni tanto da qualche botto prenatalizio lanciato dalla curva A, a compensare le coreografie mosce, ai limiti dell’insistenza. Per gli accaniti delle statistiche la sfida di ieri sera era la duecentesima partita in notturna dell’era De Laurentiis (tutto compreso dalla C alla Champions, dalle stalle alle stelle), ma pure la centesima di Hysaj d’Albania con i colori del Napoli e la centocinquantesima di Ghoulam d’Algeria. La tribuna d’onore non esibiva tanti Vip. Tra gli habitué spiccava uno dei propritari cinesi della Beneamata, mister Zag che oltre a seguire attentamente le azioni in campo non si lasciava abbagliare dalla testa lucida di Spalletti.

Non è voluto mancare Stefano Accorsi che sta a Ischia sul set di Muccino. Gli è bastato un aliscafo. Sempre dall’Isola verde è arrivato pure il piccolo Ciro, il bambino-eroe salvato dalle macerie del terremoto di Casamicciola. L’ha invitato il Napoli, esaudendo un suo grande desiderio. Nel prepartita Maggio gli ha regalato una maglia autografata da tutta la squadra e un gagliardetto. Alle 20 in punto sul prato verde si è materializzato Reina. Un saluto alla curva che ha ricambiato con la prima ovazione della giornata. A stretto giro ce ne sarà un’altra inframmezzata con un coro di incitamento, rivolto a tutti gli uomini di Sarri, roba degna del «Trono di Spade»: «Devi vincere, devi vincere». Winter is coming, l’inverno sta arrivando, ma l’Inter va fermata. Inter is stopping. Poco prima del calcio d’inizio sulla curva B hanno aperto uno striscione: «Ciao Peppeniello».

Ultimo saluto per Giuseppe Massa, scomparso qualche giorno fa, ala destra degli anni Settanta, quando il Napoli era allenato dal «Lione» Vinicio. A lui è stato dedicato anche un minuto di silenzio, che dura pochi secondi per sciogliersi in un lungo applauso che stempera la tensione e dà fiato ai cori che rimbalzano da una curva all’altra con il solito duello intonato che non si ferma nemmeno quando la porta nerazzurra è bersagliata dalle cannonate del magic team. Fischi di prammatica quando l’Inter si faceva insidiosa e un tam tam da giungla tropicale quando trottolino Insigne, capitan Marek e compagnia bella sgusciavano come anguille tra le maglie più nere che azzurre.

E giù applausi comme il faut quando la palla incantata e incatenata sembrava essere quella buona, ma che, maledetta lei, non entrava e non entrava. Per il grande evento Fuorigrotta non era neanche particolarmente blindata. A scanso di ammuina il pullman dell’Inter l’hanno fatto comunque entrare dall’ingresso secondario. L’aria che si respirava, come da tempo al San Paolo, era tranquilla. Bandana e porchetta, borghetti e sambuca. Lunghe file già dalle quattro del pomeriggio, ordinate che si snodavano come serpentoni di chiacchiere e invitazioni. Il tifo organizzato, certo. Ma tante famiglie, ragazzini bardati con i colori azzurri e con le magliette con i nomi e il numero del proprio campione personale. Gli spacciatori di sciarpe marcavano stretto. E provavano a smerciare i fondi di magazzino: «Napoli-Feyenoord solo due euro».

Prezzo di realizzo e può venir buono per la sfida di ritorno in Olanda. Tutt’attorno allo stadio andava in onda il consueto festival del selfie. Tu scatti a me, io scatto a te. Da solo, insieme, in gruppo. Una giovane coppia, fidanzatini di Peynet aggiornati ai tempi del pallone, si faceva immortalare con un bacio appassionato, mostrando il biglietto d’ingresso. E via in Rete. Come Andrea, uno scricciolo con una mezza cresta in testa, comodamente seduto sulle spalle di papà, con maglietta azzurra d’ordinanza, pronto a incitare il suo idolo Marek Hamsik. Quale occasione migliore di una classica, una partita di cartello come questa. Massimiliano Presta e Cristian Laporta sono arrivati, invece, da Taranto. Il primo è un napoletano della diaspora pugliese e tifa Napoli.


Il secondo è tarantino doc e tifa Inter. Il diavolo e l’acqua santa. Cristian si presta con Presta a «selfarlo» mentre allarga le braccia rivolto allo stadio e fa risaltare il grande 10 di D10s sulla felpa azzurra. Ma, una volta entrati, che fate, vi separate? «Ma non mi mimetizzerò tra i napoletani. Provando a non esultare quando sarà il momento». «Il momento non ci sarà, stai sereno Cristian»: Massimiliano liquida preventivamente i rischi. Sarà stata pure Napoli-Inter, ma un terzetto di scugnizzi si mette in posa con la sciarpa più amata dagli ultras: «Juve m...». È vero ci vuole ancora tempo per vedere i bianconeri a Fuorigrotta, ma è meglio calare il tre a terra.
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Il Mattino