Se l'Europa va avanti senza di noi

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Nelle prossime due settimane, mentre il nostro Presidente della Repubblica avvierà le difficili consultazioni per il nuovo esecutivo, dovrebbe insediarsi, dopo più...

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Nelle prossime due settimane, mentre il nostro Presidente della Repubblica avvierà le difficili consultazioni per il nuovo esecutivo, dovrebbe insediarsi, dopo più di tre mesi di trattativa, il governo di coalizione tedesco, Merkel IV, ed è previsto l’avvio del negoziato di rafforzamento e riforma dell’Unione Europea. Il punto di partenza è stato nei mesi passati il programma lanciato dal Presidente francese Macron nel suo discorso alla Sorbona di fine settembre 2017. Il programma del nuovo governo tedesco va in parte incontro ad alcune sue proposte ed è più rigido su altre.

Anche il nuovo ministro dell’Economia, il socialdemocratico Olaf Schloz, sembra orientato, sulle regole basilari del trattato di Maastricht per le politiche di bilancio e le regole di gestione dei debiti sovrani, verso una tradizionale rigidità, mentre l’accordo di governo apre una finestra sulla proposta francese di istituire un ministro delle finanze comunitario e dotare l’Unione di un bilancio rafforzato, al fine di intervenire sugli squilibri di crescita tra i vari paesi aderenti all’euro.
Non sarà tuttavia solo un dialogo franco-tedesco. L’Eurogruppo si è già informalmente riunito, recependo un documento presentato dall’Olanda e sottoscritto dai tre Stati baltici, e dalla Finlandia, Danimarca, Svezia e Irlanda, la cintura degli Stati del Nord Europa che, già nella crisi greca, furono i più duri ed impietosi. Quanto all’orientamento di massima, vale ciò che disse il premier olandese, il liberale Mark Rutte, a proposito di una presa di posizione del Presidente della Commissione europea, Claude Juncker, che echeggiava le proposte di Macron: «quando uno ha delle visioni, bisogna che vada a cercarsi un dottore». Il documento in questione è altrettanto esplicito: niente ministro delle Finanze europeo, piuttosto un fondo monetario che sostituisca l’attuale Meccanismo europeo di stabilità, capace di intervenire nelle eventuali crisi con maggiore velocità, attraverso un organismo indipendente che proceda al monitoraggio costante delle politiche di bilancio dei paesi membri dell’euro, attualmente appannaggio della Commissione.
Questa idea di smembrare i poteri dell’attuale Commissione è già di per sé significativa: introduce il tema di una divisione in Stati a due o più velocità e nel contempo, rispetto al dilemma che attraversa tutta la storia dell’integrazione europea, sopranazionalità o governo collegiale degli Stati al vertice dell’Unione, propende per la seconda soluzione, con un indebolimento di qualsivoglia prospettiva federale e ostacolando l’indirizzo volto a bilanciare il potere degli Stati più forti, rispetto ai più deboli, nella gestione monetaria complessiva della moneta unica. La linea di riforme del Presidente Macron viene così fortemente indebolita, proprio all’inizio del confronto con i tedeschi, che a loro volta sono assai più cauti e trovano ora un’altra sponda su cui appoggiarsi, rendendo complesso il negoziato, sia a livello intereuropeo, sia nella politica interna dei diversi paesi. 
Quale ruolo debba giocare l’Italia in questo contesto, non lo sappiamo, perché né il governo, né le forze politiche ne hanno mai discusso. Nella campagna elettorale abbiamo visto il passaggio delle forze politiche, che poi sono uscite vincitrici dalle urne, volgere un neosovranismo «contro», ad uno «con» l’euro. Una posizione quest’ultima che, rispetto a come si configura il negoziato a livello europeo, non vuol dire nulla. Dalle dichiarazioni ultime di alcuni leaders risulta che il braccio di ferro con l’Unione dovrebbe avvenire sulla possibilità eventuale di formulare un deficit di bilancio più ampio. Era la stessa posizione sostenuta dal governo nella scorsa legislatura, che poi è rientrata nell’ultimo bilancio di previsione e che per l’anno prossimo dovrebbe innescare una discesa del nostro debito sovrano. Vedremo come sarà congegnato il prossimo documento economico che il Parlamento dovrà licenziare, secondo i termini europei, a breve e durante le consultazioni per il nuovo governo. 

Sarà una prima prova di intenti e di riscontri. Intanto va segnalata anche la linea di tendenza del Parlamento europeo, che pure qualcosa conta come cassa di risonanza. Sul programma francese parla di obbiettivi di lungo termine, salvo le proposte concernenti la fiscalità sulle imprese e il compimento dell’Unione bancaria, che sono due punti molto sensibili per gli interessi italiani.
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Il Mattino