Soccavo, la sfida quotidiana a degrado e malavita

Soccavo, la sfida quotidiana a degrado e malavita
Soccavo non è un solo quartiere, è tre quartieri in uno, ben definiti e nettamente separati, eppure costantemente mescolati. C’è la porzione antica che...

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Soccavo non è un solo quartiere, è tre quartieri in uno, ben definiti e nettamente separati, eppure costantemente mescolati. C’è la porzione antica che si sviluppa alle pendici dei Camaldoli, quella del dopoguerra che si dipana attorno a via Epomeo, poi c’è il Rione Traiano che è un mondo a parte.


Soccavo vive la rabbia di tutti i quartieri identificati troppo spesso con la malavita, vive le difficoltà di chi è costretto a fare i conti con quel mondo oscuro. Il quartiere percepisce la sensazione d’abbandono riservata usualmente alle periferie lontane, anche se non è poi così lontana dal cuore di Napoli, un abbandono che si trasforma in strade degradate, trasporti malmessi, servizi ridotti a lumicino.

Sabrina è una ragazza dolce, abita in una traversa di via Epomeo e spiega sorridendo che «non viviamo con l’oppressione della malavita perché ne stiamo lontani. Guardi che qui c’è tantissima gente perbene». Poi s’incupisce e spiega: «Vabbè, io ho una sorellina di quindici anni, lei lo sa che il sabato sera a via Epomeo non deve uscire, troppe brutte facce».

Antonio è un ragazzo giovane e vivace che vuol raccontare come ci si ribella al marchio a fuoco del Rione Traiano: «Io vado in giro fiero di raccontare che vengo da questa parte di Napoli perché noi non siamo quel che vogliono farci sembrare. Vieni con me, bussiamo a ogni casa del palazzo, scoprirai famiglie belle e pulite, donne che lavorano e pensano ai figli, uomini che si ammazzano di fatica per portare a casa lo stipendio». Antonio però è nervoso, in strada ci sono troppi occhi indiscreti, dice al fotografo «andiamo a fare qualche foto vicino ai cassonetti pieni. Ho detto in giro che siete qui per l’allarme spazzatura altrimenti...». Ed ecco che crolla tutto: è vero che nelle case ci sono famiglie belle e pulite, è altrettanto vero che tutt’intorno c’è la camorra che guarda, fischia allarmi al passaggio di persone non conosciute, accetta un giornalista solo se viene a parlare di monnezza, non d’altro, non di camorra.

Le rampe che salgono verso la strada veloce che porta in un lampo al Vomero e a Fuorigrotta sono vietate. Sono venuti la settimana scorsa a tagliare la vegetazione che invadeva la carreggiata, poi sono andati via lasciando i resti della potatura sull’asfalto: non tocca a noi portare via questa roba. Così c’è il paradosso di una rampa che sarebbe pulita ma è vietata per “sacchetti sulla carreggiata”.

L’unico ascensore funzionante del piccolo cimitero di Soccavo s’è rotto qualche mese fa: «C’è un signore disabile che viene ogni settimana, vorrebbe portare fiori al suo papà che sta al secondo piano, non può. L’ultima volta s’è messo a piangere», dice mesto un addetto del cimitero.

Il Polifunzionale di Soccavo potrebbe essere un gioiello di sport, aggregazione, accoglienza: è un luogo mezzo abbandonato dove pochi si battono per diffondere sport e cultura e tanti si voltano dall’altra parte fingendo che l’intervento banale per le Universiadi serva a nascondere decenni di degrado e devastazione. Di fianco c’è un agglomerato di casetta abbandonate: «Lì ci stanno i peruviani che vendono armi - dice un ragazzo che vieta foto e nega il nome - ma non vi avvicinate, hanno i rottweiler che aggrediscono chiunque varchi il cancello».

«Conosciamo degrado e problemi di sicurezza - s’infiamma Lorenzo Giannilavigna, presidente di centrosinistra della municipalità - però conosciamo anche le centinaia di esperienze positive che si sviluppano nel quartiere. Agiamo con forza cercando di risolvere i problemi, siamo in costante contatto con forze dell’ordine e Prefettura per arginare la malavita, però chiedo con forza che Soccavo venga raccontata dal lato delle persone perbene». 


L’uomo è preoccupato e inferocito: «Abbiamo un budget inesistente, non possiamo fare nulla però riempiamo di richieste chi potrebbe e dovrebbe intervenire ma non lo fa, è questo che va scritto. Anzi, scriva che avevo creduto a de Magistris quando disse che non esistevano periferie ma “nuove centralità”, ma ora mi sento preso in giro per quelle parole. Le periferie sono rimaste tali, abbandonate al loro destino». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino