Spigolatrice di Sapri, è bufera: «Quella statua è sessista»

Spigolatrice di Sapri, è bufera: «Quella statua è sessista»
È stata realizzata da uno degli scultori più apprezzati del Cilento, è stata fatta illuminare da uno degli ingegneri più affermati di Italia e ha...

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È stata realizzata da uno degli scultori più apprezzati del Cilento, è stata fatta illuminare da uno degli ingegneri più affermati di Italia e ha impreziosito un angolo del lungomare. Ma le firme e la qualità del lavoro sono passate in secondo piano. L’attenzione dell’opinione pubblica è caduta sul «lato B» della statua, ma anche sugli errori contenuti nella stele. Di fronte alla baia di Sapri è stata svelata la statua della Spigolatrice, scolpita su bronzo da Emanuele Stifano. Di sera diventa protagonista di una magica scenografia luminosa. A progettarla è stato Marco Frascarolo autore di impianti ben noti: ha progettato, tra le altre cose, la luce per la Cappella Sistina, la Basilica di Assisi, Casa Italia alle Olimpiadi e anche la Camera dei Deputati. L’illuminazione per la Spigolatrice l’ha ideata insieme all’architetto Iolanda Fortunato. La statua è stata installata sul prato realizzato al posto della fontana che si trovava tra la prima e la seconda passeggiata del lungomare. Un’opera pensata dall’amministrazione per ricordare la poesia di Mercantini e per creare un nuovo attrattore per la città. «Un lavoro sinergico e continuo per mantenere la nostra identità, i nostri valori e per potenziare l’offerta turistica» ha fatto sapere il sindaco Antonio Gentile, assente alla cerimonia perché a letto con la varicella. 

La scultura bronzea è perfetta. La donna che rappresenta sembra materializzarsi davanti agli occhi ma c’è un dettaglio che ha fatto maturare critiche e battute ironiche. Il fondoschiena prorompente ben visibile, perché sembra essere coperto da un velo, o meglio da una veste che colpita dal vento aderisce al corpo fino a mostrare ogni dettaglio del lato B. Una immagine ritenuta da tanti inadeguata per il personaggio che rappresenta. L’articolo dell’ex senatrice del gruppo misto Manuela Repetti sull’huffingtsonpost.it racchiude il sentimento di tanti ma non di tutti: «Per chi non lo sapesse e non confondesse il termine spigolatrice con uno dei tanti modi di definire una ben nota professione femminile, la Spigolatrice era una lavoratrice dei campi.

La nuova statua, perché ne esiste già un’altra più conforme al suo ruolo e alla sua storia, si mostra con abito succinto, trasparente e con un atteggiamento provocatorio, suggerendo di guardare il bel sedere in mostra, tondo e perfetto. Dopo il sedere, guardando le foto del disvelo, il mio occhio è finito sui partecipanti: c’era chi sembrava quasi imbarazzato, almeno spero, chi sembrava fosse rapito dalle curve marmoree della statua e chi con la mano sul petto da quell’immagine riusciva a trarre un sentimento di patriottismo. È normale raffigurare una lavoratrice dei campi in quel modo? Nel 2021 inauguriamo cose di questo genere? Che sono – continua Repetti - uno schiaffo sessista a tutte le donne, specie quelle che ogni giorno cercano di combattere quel maschilismo subdolo che striscia in ogni angolo di vita quotidiana, specie nel nostro paese che vanta record di maltrattamenti e femminicidi, frutto anche di una visione della donna ancora come oggetto da possedere. Io propongo di abbatterla. Sbagliare è umano, perseverare è diabolico». 



Immediata la replica del sindaco: «Trovo l’articolo violento e a tratti sessista e offensivo per la nostra comunità, da sempre impegnata contro tutte le violenze di genere. Repetti, oltre a mostrare scarsa conoscenza della storia locale e della storia dell’arte, incita alla abbattimento della nuova statua come è avvenuto, purtroppo, recentemente in altri Paesi privi di democrazia o in passato con la censura. Se poi lo sfogo è dovuto alla presenza di politici a lei non inclini, allora mi corre l’obbligo ricordare che Sapri non è disposta a far mettere in discussione i propri valori, principi e tradizioni». Ai più attenti non sono passati inosservati gli errori sulla stele sulla quale è stata incisa la poesia. Manca l’intera strofa finale e nel firmare l’opera è stato scritto prima il cognome e poi il nome: Mercatini Luigi. «In stile notarile», dice qualcuno con ironia. In difesa dell’opera corre l’ex dirigente scolastico Giuseppe Caruso: «Ricordo che con simili idee si misero mutandoni ai nudi michelangioleschi del Giudizio Universale. L’arte può piacere o non piacere, ma non può essere distrutta o censurata. Dobbiamo recuperare leggerezza». E lo scultore Stifano aggiunge: «Se fosse stato per me avrei fatto una figura completamente nuda». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino