Mafioso suicida in carcere a 43 anni: il quartiere lo ricorda con foto, fiori e striscioni

Alessandro Lanza, 43 anni, era ai vertici del clan Sinesi-Francavilla. La polizia ha fatto rimuovere le dediche

Mafioso suicida in carcere a 43 anni: il quartiere lo ricorda con foto, fiori e striscioni
Alessandro Lanza, 43 anni, ritenuto dagli inquirenti ai vertici del clan mafioso Sinesi-Francavilla, si è ucciso in carcere il 17 settembre scorso, mentre scontava la pena...

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Alessandro Lanza, 43 anni, ritenuto dagli inquirenti ai vertici del clan mafioso Sinesi-Francavilla, si è ucciso in carcere il 17 settembre scorso, mentre scontava la pena residua di due anni per mafia e tentata estorsione ai danni di due imprenditori. Oggi, il suo quartiere, a Foggia, lo ha ricordato con fiori, striscioni pieni di cuori e manifesti funebri.

 

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L'episodio è avvenuto in via Ugo La Malfa, il quartiere dove Alessandro Lanza era nato e cresciuto. L'uomo era stato condannato nell'ambito del processo Corona, dopo un blitz che nel 2013 portò all'arresto tra affiliati e vertici della 'Società', come viene chiamata la mafia foggiana. Il 43enne, che tutti conoscevano con il soprannome di 'Bussolò', era molto conosciuto nel quartiere, come testimonia un residente, fermo ad osservare i 24 manifesti affissi nel rione: «Tutti noi lo amavamo, perché Alessandro aveva un cuore immenso».

 

 

Le foto, questa mattina, hanno subito fatto il giro del web e nel pomeriggio la polizia ha fatto rimuovere tutti i manifesti, oltre ad avviare indagini per cercare di risalire a chi li ha affissi. I funerali in forma pubblica di Alessandro Lanza erano già stati vietati, consentendo solo la tumulazione privata, alla presenza dei parenti più stretti e all'alba di qualche giorno fa.

 

Resta da capire cosa abbia spinto al suicidio Alessandro Lanza: la durata della pena non era così lunga e l'uomo non avrebbe lasciato messaggi per spiegare il gesto estremo a parenti e amici. Il 43enne, pregiudicato, era ben noto alle forze dell'ordine: nel 2011 fu accusato di aver favorito la latitanza del boss della mafia garganica Franco Li Bergolis, poi fu accusato di estorsione perché impose la propria assunzione nell'azienda che si occupava della raccolta dei rifiuti a Foggia.

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Il Mattino