La pandemia e poi le bollette, il bar di Ancona si arrende: «Smart working e rincari, chiudo»

Prima il Covid poi le bollette, il bar Dolce e Amaro si arrende: «Smart working e rincari, chiudo»
La pandemia e i rincari energetici fanno la prima vittima tra le attività del centro. Dopo 11 anni chiude il bar Dolce e Amaro di via Piave ad Ancona. Il titolare Gianni...

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La pandemia e i rincari energetici fanno la prima vittima tra le attività del centro. Dopo 11 anni chiude il bar Dolce e Amaro di via Piave ad Ancona. Il titolare Gianni Polidori lo rende noto tramite un post sul suo profilo Facebook: «Ebbene sì, è ufficiale - scrive - da oggi il bar chiude. Ringrazio tutta la clientela che in questi anni ci ha onorato della sua presenza». La crisi è cominciata durante il lockdown.

 

«Questa è una zona di uffici pubblici - spiega il barista - ma con lo smart working l’affluenza si è dimezzata». E appena si è tornati ad ingranare, è arrivata la mazzata del caro bollette. «Non solo - continua Polidori - in contemporanea ci si è messo pure l’aumento dei prezzi delle materie prime». Un mix micidiale che non ha lasciato scampo all’imprenditore. «Sono arrivato al punto che non ce la facevo più a gestire le spese - racconta - e quindi ho scelto di chiudere il bar e mettere in vendita l’attività».

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Ieri Polidori ha restituito le chiavi alla proprietà «e adesso - dice - sono in trattativa con una persona per la cessione». Il momento è particolarmente duro per tutte le piccole attività di vicinato che si trovano a dover far fronte a costi di gestione alle stelle. E nel caso del bar Dolce e Amaro si aggiunge anche un investimento fatto qualche tempo fa proprio in previsione del rilancio del commercio. «Ho ristrutturato il locale - racconta Polidori - sostenendo una spesa di 30 mila euro. Adesso mi trovo con il mutuo ancora da pagare». L’attività di via Piave è la prima che ufficialmente abbassa la serranda per problemi causati dalla pandemia e dall’attuale crisi economica. Ma a giudicare dagli umori di molti piccoli imprenditori in città, potrebbe non essere l’unica, purtroppo. «Sentendo qualche mio collega ho l’impressione che non sarò il solo ad aver fatto questa scelta obbligata - continua - ma adesso penso solo al futuro. Per fortuna ho trovato un nuovo lavoro in un settore completamente diverso».

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Il Mattino