Tentò di uccidere il boss, che sopravvisse: così Biagio Girolamo Bruzzese cominciò a collaborare con la giustizia

Tentò di uccidere il boss, che sopravvisse: così Biagio Girolamo Bruzzese cominciò a collaborare con la giustizia
Godeva della fiducia del boss Teodoro Crea, ma la tradì quando, il 23 ottobre 2003, entrambi latitanti, gli sparò contro tre colpi di pistola uno dei quali lo...

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Godeva della fiducia del boss Teodoro Crea, ma la tradì quando, il 23 ottobre 2003, entrambi latitanti, gli sparò contro tre colpi di pistola uno dei quali lo ferì in modo grave alla testa costringendolo da allora su una sedia a rotelle. Un gesto che ha segnato la vita di Biagio Girolamo Bruzzese e, probabilmente, anche quella di suo fratello Marcello, ucciso con una quindicina di colpi di pistola ieri a Pesaro, forse per vendetta. Fu dopo avere sparato a Crea, infatti, che Girolamo - allora latitante da sette anni per una condanna per omicidio - decise di costituirsi ai carabinieri, convinto di avere ucciso il boss. E quando seppe che, invece, il capobastone di Rizziconi era sopravvissuto ai proiettili, fece un passo ulteriore e avviò la sua collaborazione con la giustizia diventando una delle armi in mano alla Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria per colpire duramente la cosca egemone a Rizziconi.


Numerose le operazioni alle quali Girolamo Bruzzese ha collaborato e altrettante le testimonianze rese nei processi che ne sono scaturiti e che hanno anche anche squarciato il velo sui rapporti tra la cosca e la politica. Dopo la sua decisione di collaborare con la magistratura reggina, tutti i suoi familiari, compreso Marcello, aderirono al programma di protezione. I Bruzzese non erano considerati una cosca, ma erano ritenuti un famiglia legata ai Crea. Tant'è che quando furono inseriti nel programma, di fatto sparirono dalla geografia mafiosa. L'unico che disse di no fu il suocero Giuseppe Femia. Una scelta che l'uomo pagò con la vita. Infatti fu assassinato pochi mesi dopo, nel febbraio del 2004. Marcello non era considerato, dagli investigatori reggini, un elemento di spessore. Anzi. Solo piccole cose, adesso datate nel tempo.


Ma anche lui era finito nel mirino dei killer. Nella notte tra il 17 ed il 18 luglio 1995, infatti, un commando iniziò a sparare contro di lui, suo padre Domenico ed il cognato Antonio Madafferi. Marcello, pur se gravemente ferito, si salvò. Il padre e Madafferi invece no. Rimasero uccisi sotto il piombo dei sicari. Poche ore dopo quel duplice omicidio, nella stessa zona, nelle campagne di Rizziconi, fu trovato il cadavere di Francesco Ascone, padre dell'uomo poi accusato dell'agguato precedente. E fu proprio per quell'omicidio che Girolamo Bruzzese è stato condannato.
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Il Mattino