Non ci sarà «un piano B laburista» per la Brexit. A minare le crescenti aspettative sull'accordo soft a cui stanno lavorando l'Europa e i Labour di...
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Non solo. I 7 dissidenti - Chuka Umunna, Chris Leslie, Angela Smith, Mike Gapes, Gavin Shuker, Ann Coffey, e Luciana Berger - contestano anche la scarsa intraprendenza mostrata da Corbyn nel contrastare l'«antisemitismo istituzionalizzato» emerso in settori della base laburista e sopratutto la svolta a sinistra imposta da Jezza - soprannome affibbiato al leader dell'opposizione. L'ex ministro Leslie infatti, parlando a nome degli altri fuoriusciti, ha accusato Corbyn di aver «sequestrato» il Partito.
Non si sono fatte attendere le reazioni. Da un lato chi si rammarica per l'uscita dei 7 e parla di un'occasione persa per conquistare spazi di manovra grazie alle divisioni dei Tory; dall'altra il plauso della comunità ebraica e dei liberal-democratici, che vedono negli ormai ex-labour una risorsa importante. Tra chi condanna i dissidenti, ad esempio si è iscritta la porzione più giovane del partito. Lo Youth Labour ha bollato i fuoriusciti addirittura come «codardi e traditori». Il riferimento è al socialismo di Tony Blair «fatto di privatizzazioni, tagli delle tasse ai ricchi e deregulation per le banche». Negative anche la reazioni dei sindacati e di laburisti come il deputato Stephen Kinnock o come il sindaco di Londra, Sadiq Khan, che descrivono la scissione come una strada per «far vincere il Partito conservatore» alle elezioni.
Tra chi invece ha sostenuto i 7 deputati centristi' anti-Corbyn, figura non solo la comunità ebraica britannica ma anche il Partito liberal-democratico di Vince Cable.
Il gruppo ha incassato anche il sostegno del Partito Conservatore. Brandon Lewis, presidente dei Tory, ha infatti colto la palla al balzo per lanciare un proclama contro Jezza, affinché non gli venga «consentito di fare al Paese ciò che sta facendo al suo partito». E cioè far scappare sostenitori e aziende, non solo a causa della Brexit. Proprio ieri infatti, la Honda ha annunciato di voler chiudere nel 2022 il suo impianto di Swindon dove produce i modelli Civic. La chiusura, che metterebbe in pericolo 3.500 posti di lavoro, andrebbe a sommarsi alle aziende come Sony, Panasonic e Nissan. Queste polemiche non sembrano sfiorare il leader laburista. Corbyn infatti, si è sì dichiarato «deluso» ma ha anche ribadito che manterrà la sua linea per la «redistribuzione della ricchezza e del potere dai pochi ai molti». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino