Diceva di avere la benedizione di magistrati di primo piano, nelle strategie per gestire le nomine ai vertici delle procure più importanti d'Italia, prima tra tutte...
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Palamara ne parla con Luigi Spina - consigliere dimissionario del Csm, indagato - nella notte del 9 maggio. Poco prima c'era stato l'incontro con altri quattro consiglieri di Palazzo dei Marescialli e con i deputati del Pd Cosimo Ferri e Luca Lotti, per parlare delle strategie per controllare gli incarichi negli uffici giudiziari, facendo la conta dei voti per portare Viola alla vittoria. Anche Spina cita il procuratore Antimafia: «Su Viola ci andiamo a scornà, non blindo manco Perugia eh, ma qua là su giù, guarda che pure Cafiero ha detto che non è male». E Palmara: «Come ha reagito?». Spina: «Come al solito, non dice mai sì, mai no». Secca la smentita di De Raho: «È una circostanza totalmente fuori dalla realtà che abbia fatto discorsi del genere. Sono pure millanterie».
Ma gli accordi per gestire le nomine passavano anche attraverso l'opera di persuasione dei colleghi togati al Csm. Una strategia a cui prendono parte i deputati del Ferri e Lotti, sempre durante la riunione del 9 maggio con i consiglieri e con Palamara. Parlano anche dell'esposto contro l'ex procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, e l'aggiunto Paolo Ielo, presentato alla I commissione del Csm dal pm Stefano Fava. Il giorno precedente, di nuovo, Palamara ne aveva parlato con Spina ed è pronto a fare deflagrare «la bomba». Teme che quelle carte non vengano prese in considerazione e, per l'accusa, coltiva propositi di vendetta nei confronti dei due magistrati che lo hanno fatto finire sotto inchiesta a Perugia. «Ciambellini (Michele Ciambellini, consigliere del Csm, ndr) non sa niente della prima commissione - dice il pm - quando c... gli si dice, ma gliela devi dì sta storia». E Spina: «Ardita (Sebastiano Ardita, consigliere del Csm, ndr) voleva sentirlo subito Fava, gli ho detto, tuteliamolo Sebastià».
Il nome di Ardita viene menzionato anche il giorno successivo, nel corso della riunione alla quale partecipano i due deputati. Lo scopo è fare in modo che Marcello Viola ottenga abbastanza voti. Spina: «Se i voti sono già 13 ci mettiamo gli altri 4 diventano 17». A fare i conti è Ferri: «Sono 6 di Mi, due di Ai due di Ardita che ci vota fatto il pranzo Viola-Ardita». E Palamara: «due Donati e Gigliotti». Ferri: «Se va lo schema Viola noi poi dobbiamo avere il nome per Perugia e poi dobbiamo vedere quando inizia la storia degli Aggiunti». Dicono che anche il vicepresidente del Csm, David Ermini, deve votare. Spina: «È ora che adesso basta, e deve votà, io gliel'ho detto due volte». Poi, parlano delle strategie per coinvolgere altri consiglieri. Ferri: «Cioè il nostro alleato è Davigo», cioè Piercamillo Davigo, consigliere e leader della corrente Autonomia e indipendenza.
Più avanti Ferri parla ancora di Ardita: «Lo inizio a rivalutare, è tosto, è nostro alleato è diventato». E Spina: «Ha una voglia matta di rientrare». Ardita fa parte della corrente di Davigo, ma Ferri non ha dubbi: «Vuole rientrare e prendere in mano Mi, politicamente, come segreteria, perché lui il cuore ce l'ha lì, dai». Ferri ricorda dei tempi in cui era leader di Magistratura indipendente e Ardita lo affiancava: «Mi faceva la linea politica quando ero segretario, era il mio delfino, è uno che ti portava a cena, ti prendeva, mi portava all'aeroporto, mi veniva a prendere, cioè ti cura, e poi era intelligente e cercava di condizionare. Diceva: Devi buttare fuori tutti sti vecchi». Più tardi, Palamara e Spina parlano della necessità di «fare sponda» con Ciambellini, «la chiave di volta è quella». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino