Clan Senese, il boss e la rivalità con Diabolik: «Deve restare fuori dall'affare»

Clan Senese, il boss e la rivalità con Diabolik: «Deve restare fuori dall'affare»
«Lazialotto». Così con disprezzo era chiamato Fabrizio Piscitelli, capo ultras della curva Nord, neofascista e narcotrafficante. L’epiteto è...

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«Lazialotto». Così con disprezzo era chiamato Fabrizio Piscitelli, capo ultras della curva Nord, neofascista e narcotrafficante. L’epiteto è coniato da Vincenzo Senese, il figlio di Michele. Il primogenito del boss ha pochi dubbi con Diabolik, non vuole concludere nessun affare: «Daniele (Caroccia, ndr) una cosa ti volevo dire, la cosa la dobbiamo fare io e te». Insomma il “lazialotto” è fuori. La conversazione è del giugno 2017. 


L’affare in questione è l’apertura di un ristorante. Caroccia gli replica così: «ci volevo andare a parlare (con Piscitelli, ndr) perché lui conosce qualcuno che ha i negozi là, solo per quello».

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Insomma con “La Strega” altro soprannome di Piscitelli, morto assassinato lo scorso 7 agosto, i Senese non volevano più fare affari. Eppure el Diablo era cresciuto nella mala sotto l’ala protettiva di Michele ‘o pazzo. Sotto la sua benedizione, con una batteria di picchiatori albanesi gestiva lo spaccio a Ponte Milvio.

Ad ogni modo se i Senese potevano permettersi di fare i prepotenti con l’ultras della Lazio, di ben altra natura erano i rapporti intessuti con altre famiglie del grande crimine. «I Senese - scrive il gip nell’ordinanza - si rapportavano con due esponenti di spicco di ambienti delinquenziali della Capitale, Roberto De Santis e Franco Gambacurta, operanti in zone distanti e diverse tra loro». 
 
Insomma il clan aveva la sua fetta della Capitale. La zona intorno a Cinecittà, antico feudo di ‘o Pazzo. Come, d’altro canto, Ponte Milvio. Nell’ordinanza emerge un particolare inquietante. Il gestore del locale la Champagneria Lady decide di mettersi sotto la protezione dei Senese. Si offre di pagare il pizzo per essere protetto. È il 21 novembre del 2018 e dalle intercettazioni della mobile e della finanza emerge questo quadro: «La stessa proprietà - annotano gli investigatori - avrebbe manifestato la propria intenzione di essere partner del clan Senese». «Il proprietario - spiega Vincenzo Senese alla moglie - vuole stare vicino a noi». E per vantarsi dell’amicizia protettiva del clan paga mille euro al mese.

In generale, comunque, i Senese difficilmente pagavano quando si trattava di andare a mangiare nei ristoranti. A Ostia per esempio. Ma il fatto di non versare un euro per il conto, non impediva a Vincenzo Senese di criticare aspramente la cucina del locale. E così quando a settembre del 2018 non gli viene servito un piatto con i gamberi rossi, si arrabbia: «Gli ho detto (al ristoratore, ndr ) portami i gamberi rossi. La prossima volta che mi porti un altro tipo di gamberi.... ». L’interlocutore cerca di calmarlo. Ma Vincenzo Senese giura di non volerci più andare nonostante non abbia pagato il conto. E spiega di voler andare da un’altra parte in una successiva occasione: «la Bussola a me, ci tratta da alto bordo, i Francia Corta, l’altra volta la tavolata da 15, tu non mi devi dare i soldi ...ci fa tante attenzioni». 


Serviti come i re della mala nei locali di Roma e temuti dagli avversari. «Se appartiene a Michele Senese - spiega Modestino Pellino, luogotenente del clan Moccia ad un suo interlocutore - devono lasciare perdere là». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino