RL'effetto Friuli, per Salvini e Berlusconi, che ieri comunque non si sono sentiti per festeggiare, sembra essere il «non ci lasceremo mai». Anche se, in politica,...
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Dunque, Salvini alla proposta di voto targata Di Maio rilancia (ma i due non si sono sentiti ieri) con una contromossa maccheronicamente traducibile così: andiamo al governo insieme, ma adesso tocca a me (o a un altro) guidarlo visto che tu hai fatto di tutto ma non ci sei riuscito, e siccome il centrodestra non lo rompo tu devi abbassare le tue pretese anti-berlusconiane. Dopo il Friuli, si fa più forte l'esigenza insomma di arrivare a un nuovo contratto di governo centrodestra più 5 stelle. Ma il problema Berlusconi c'è, visto che l'ex premier - sempre tentato dalle sirene Pd e ancora più attratto da esse dopo le aperture di Renzi a un governo costituente - insiste sulla sua idea fissa: «Salvini vada in aula, prenda i voti o le astensioni costruttive che trova e può nascere un governo di minoranza di centrodestra sul modello Rajoy, sostenuto da chi ci sta». Magari anche dai dem nel caso, ma proprio i dem restano l'unico tabù incrollabile per Salvini: «Mai con il Pd».
Da parte leghista, considerando che ormai i rapporti di forza tra Lega e Forza Italia sono quelli che sono, si confida sul «senso di responsabilità» di Berlusconi. E i lumbard che hanno contatti con l'entourage del Cavaliere stanno facendo arrivare questi messaggi: «Presidente, dobbiamo dare un esecutivo agli italiani, ce lo chiedono e si sono stancati dei veti e contro-veti». Anche il neo-governatore friulano Fedriga, freschissimo di elezione, va facendo questo tipo di ragionamenti. Che poggiano sul fatto che se Di Maio, nelle trattative delle scorse settimane era più forte e quindi più arcigno nei niet contro Silvio, ora potrebbe mostrarsi più malleabile sotto questo aspetto. E Berlusconi? «Si adeguerà, come Bossi ha sempre fatto con lui», assicurano alcuni dei colonnelli leghisti. Che vedono un cambio di fase, o almeno sperano che davvero ci sia, e a proposito del Cavaliere insistono: «Deve scegliere tra nessun governo, visto che il governo Salvini che va a cercarsi random i voti in Parlamento come vorrebbe lui non lo faremo mai, e un governo del centrodestra unito allargato a M5S. Non è il tipo da tanto peggio tanto meglio». Questo si vedrà.
Di sicuro, la strategia di Salvini - arciconvinto che alle amministrative del 10 giugno il Carroccio spopolerà ovunque anche succhiando voti grillini come accaduto in Friuli - esclude governicchi e governoni. Puntando viceversa a un «governo vero». Ma per questo esito, «i 5 stelle devono smetterla di tergiversare». Non lo dice un leghista, ma lo dice il governatore ligure Toti, berlusconiano che parla in questo caso il linguaggio di Salvini. Il cui leit-motive è questo: «Ragionevolezza». La chiede a Di Maio, la chiede a Berlusconi, e non esclude di trovare la formula chimica che riesca a coagulare due forze politiche che in queste settimane si sono accanitamente combattute a colpi di improperi. Se continuano così si vota, ma Salvini vuole fare l'ultimo tentativo e lo considera una forma di rispetto per chi ha già votato. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino