Le foto dei vetrini con le cellule sane e infette da coronavirus, 2019-nCoV non lasciano dubbi: l'Istituto Nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma,...
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Mai come in questo caso, tuttavia, le notizie sul coronavirus sono state divulgate con celerità dalla Cina che a fine dicembre ha annunciato all'Oms l'emergenza per poi isolare il virus il 7 gennaio, decodificarlo il 9 e divulgare il 12 le informazioni al resto del mondo. Il 16 è toccato a Berlino annunciare la messa a punto di un test. Sulla ribalta si è quindi affacciata l'Australia: a Melbourne hanno ottenuto a tempo di record colture di tessuto infetto al Doherty Institute. Quindi è arrivata la Francia: al Pasteur di Parigi il 29 hanno comunicato di aver decodificato il virus. Di cui però già si sapeva tutto. E allora? Cosa significa questa corsa ad essere primi? Bisogna ragionare sui fatti: il primo è che la Cina sta studiando da anni tutti i diversi coronavirus conosciuti, dai più letali al raffreddore. Che sia una corsa solitaria a mettere a punto un vaccino simile a quello del virus influenzale da dispensare ogni anno? Se così fosse nessuno vuole restare indietro e se gli investimenti sono di alcune centinaia di milioni (300-400) il ritorno economico è stimato nell'ordine dei miliardi di euro.
Se c'è collaborazione è poi utile che tutti i paesi facciano la stessa cosa? Possono incidere ciascuno sul piano applicativo per la messa a punto di test, cure e vaccini? I kit diagnostici già disponibili e venduti dalle grandi aziende farmaceutiche costano poche decine di euro ed è forte la possibilità che queste brucino tutti sul tempo, anche per il vaccino. Intanto la comunità scientifica internazionale stima che nell'arco di meno di due anni, tra febbraio e ottobre del 2021, sarà disponibile il vaccino, entro la prima metà del 2022 le conclusioni delle sperimentazioni e nell'autunno le dosi da distribuire ai centri vaccinali. «Per la Sars, nel 2002 - obietta il virologo Giulio Tarro - furono impiegati sei mesi con un virus che aveva una mortalità del 10%. Oggi ci troviamo di fronte a un virus di cui abbiamo saputo tutto in 10 giorni, in cui la mortalità è molto minore, del 3%. Forse ci si avvia o si punta a vaccinazioni su larga scala come per l'influenza e allora la partita, anche economica, è talmente alta, che vede tutti in corsa per conseguire, almeno, un potere contrattuale finale».
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Il Mattino