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Un bel black russian a base di vodka per merenda. Alle cinque della sera. O un classico spritz, ma di corsa, le patatine trangugiate in fretta, le noccioline incastrate nella trachea, lo sguardo che vaga dall’orologio al piatto. Ma all’aperitivo non si rinuncia, ancorché anticipato, con il fiato sul collo del cameriere e delle forze dell’ordine, perché alle 18 le saracinesche dei locali devono essere abbassate per le norme anti covid. Una “mazzata” per i commercianti e per l’esercito di goderecci che all’imbrunire amava radunarsi in pub, bar, locali. Lo stesso vale per la cena, lo stesso anticipata, dato che il Dpcm prevede che entro le 22 tocca stare a casa: se invitati da un amico conviene arrivare alle 19, in modo da godersi la serata. Un nuovo fuso orario, che cambia ritmi e abitudini. Cosa non si fa per assaporare un po’ di pseudo normalità.
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Eppure, un po’ perché alle abitudini piacevoli è facilissimo adattarsi, un po’ per una sorta di solidarietà nei confronti della categoria, il rito dell’aperitivo resiste. Un modo per staccare la spina dopo il lavoro e prima del coprifuoco, per scambiare due chiacchiere con un amico. E sì perché gli incontri sono poco più di un tete à tete, bandite le tavolate di ubriaconi, ci si ritrova in due o tre, spesso la scelta privilegia il bar sotto casa, quello vicino al garage, quei ragazzi che avevano appena aperto, quel francese tanto gentile, la signora di una certa età dove si faceva colazione, la trattoria che si è riciclata, perché chi ha tempo di mangiar fuori a pranzo?
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Appuntamento alle cinque, anche prima, il clima è ancora mite e chi l’ha detto che si debba attendere il favore delle tenebre per sorseggiare un po’ d’alcol.
Altro sorso e riflessione: «La gente ha voglia di uscire». E si abitua all’aperitivo a merenda, una sorta di cena perché per la fretta resta tutto sullo stomaco a quell’ora. A un tavolo di un noto locale di fronte alla statua di Giordano Bruno sono radunati i camerieri rimasti senza lavoro della zona: «Se tutto va bene siamo rovinati», alzano i calici in cinque. Cig, riduzione del personale meglio berci su. C’è chi si è inventato la formula “entro le 17 prendi 2 e paghi 1”, una coppia di residenti Daniele e Chiara Baviera sta bevendo vino rosso alle 16,30. «Siamo usciti per rilassarci, è un’eccezione - quasi si giustificano - a quest’ora stiamo a casa o al lavoro. Siamo affezionati al locale, sì».
Sedute quasi al centro della piazza due universitarie, Francesca Bonanno e Elena Ignat, non hanno remore. «All’aperitivo non si rinuncia, alcol ovviamente. Si anticipa l’uscita, ci vediamo alle 3.30, veniamo dal quartiere Jonio, ma non cambiamo abitudini, l’importante è che non ci chiudano in casa» spiegano tra un black russian e un narghilé. «In centro però i romani non vengono, hanno i posti vicino casa, dalle periferie arrivavano dalle 22, qui alle 17 iniziano a girare le volanti», lamenta un commerciante. L’idea di trovare parcheggio, per chi fa in tempo con gli orari lavorativi, ingurgitare alcol e tornarsene a casa, non agevola, specie in settimana. Però la voglia di vedersi, dimenticare le preoccupazioni, spinge a uscire. A Trastevere, quattro studentesse della John Cabot spiegano: «Finiamo lezione alle 16,30 e veniamo a berci una cosa».
All’ora del tè. Come due giovani donne sedute a un tavolino, una commessa con le ore dimezzate e una dipendente di una palestra chiusa, si sono viste alle 15, con un bicchiere di rosso si fanno coraggio. Sono le 18 passate e quattro universitari a piazza Bologna ciondolano spaesati. «Questa storia ci ha stravolto gli orari della giornata ma all’aperitivo non ci si rinuncia, certo beviamo meno. Ci mancano tante cose, il contatto fisico, stare in compagnia. L’aperitivo, no, non possono togliercelo».
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