Il caso Costa Smeralda andrebbe studiato, andando ben oltre l'attenzione sui personaggi più conosciuti che si sono contagiati. La stima plausibile è che in una...
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Secondo l'assessore alla Salute del Lazio, Alessio D'Amato, che valuta ogni giorno il tasso di crescita dei nuovi infetti che vengono trovati con i tamponi eseguiti al porto di Civitavecchia, il conto finale sarà molto più alto. «Ciò che è successo in Costa Smeralda è simile al caso della partita Atalanta-Valencia che si giocò a Milano e che, ormai si è dimostrato, ha moltiplicato drammaticamente a febbraio il numero dei contagi nella provincia di Bergamo». Non c'è solo il Lazio: in Campania ieri 41 i positivi rientrati dalla Sardegna, una decina in Emilia-Romagna, un'intera famiglia nella Marsica. Conteggiando anche i dati dei giorni passati, la Sardegna ha restituito almeno 1.000 turisti positivi alle altre regioni. A questi si aggiungono i positivi che sono stati rilevati in Costa Smeralda, a partire ad esempio dai dipendenti dei locali più conosciuti come il Billionaire e il Sottovento. In sintesi, una stima prudente parla di almeno 1.500 casi. Dalla Sardegna sottolineano: non è stata la Costa Smeralda a contagiare i turisti, ma sono stati i turisti a portare il virus. Probabilmente è vero, ma questo però non serve a comprendere i meccanismi del contagio di massa. Sarebbe molto più utile capire perché nei locali della movida si sia creato lo scenario perfetto per l'effetto moltiplicatore.
Secondo D'Amato i lunghi viaggi in traghetto possono avere alimentato, anche all'andata, il contagio, per questo oggi chiede un'intesa con la Sardegna per eseguire i tamponi agli imbarchi su chi ritorna. Ma l'accordo ancora non c'è, si sta perdendo tempo, il governo non interviene e l'estate sta finendo. Secondo il professor Andrea Crisanti, docente dell'Università di Padova «gli spostamenti in traghetto non giustificano numeri così alti». Aggiunge: «E neppure si può pensare alla presenza di uno o due soggetti super-spreader, i famosi super diffusori che contagiano molte persone. I soggetti positivi di partenza erano molti di più». La differenza rispetto ad altre regioni in cui comunque c'era la movida e i vacanzieri - dalla Romagna alla Puglia - allora può essere un'altra: «La Costa Smeralda è un punto di incontro, uno snodo, tra turisti che arrivano non solo da varie regioni, ma da tutta Europa. E poi certo, mi pare evidente che ci sia stato uno scarso rispetto delle regole, diciamo che la condivisione di eventi ricreativi non poteva che portare a questa situazione». Feste in barca, feste nelle ville, feste in discoteca. «Mi ripeto: le discoteche non dovevano proprio aprire», dice Crisanti. Simile la posizione del professor Massimo Galli, infettivologo dell'Ospedale Sacco di Milano che a SkyTg24 dice: «Quelli come me che credono nel buon senso erano sicuri che non aprissero le discoteche e non si consentisse la movida. Ma non è stato così. Al Nord della Sardegna le movide hanno avuto un risultato e in altri posti della regione non c'è stato. Un intera regione sta subendo pesanti conseguenze che non è difficile da imputare ad alcuni comportamenti sconsiderati». E secondo Marcello Acciaro, esperto dell'Unità di crisi della Sardegna, ora c'è un altro problema da affrontare: in Costa Smeralda ci sono decine di turisti bloccati perché positivi. «Il Governo preveda con urgenza un protocollo per il rientro protetto dalla Sardegna di positivi asintomatici e persone in quarantena: devono poter tornare a casa, hanno solo una valigia e vivono chiuse in una stanza, non è questa una condizione ottimale e dignitosa». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino