L’incontro di wrestling Di Maio-Salvini va avanti da mesi e allieta cronache e dibattiti. Situazione non seria sino ad un paio di settimane fa, quando a tutti e due i...
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D’altra parte, come ieri ricordava il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, «uno che patteggia una bancarotta è colpevole di una bancarotta». Quindi difendere un bancarottiere di nuovo sotto inchiesta, è difficile per la Lega e impossibile per il M5S. Sinora Salvini ha tenuto duro sostenendo che Siri non si debba dimettere. La notizia, contestata dai grillini, dell’assunzione di Federico Arata - figlio di Franco-Paolo, indagato nell’ambito dell’inchiesta - negli uffici di Palazzo Chigi del sottosegretario Giancarlo Giorgetti fa però fare allo scontro un nuovo salto di qualità. Mettere nel tritacarne - a colpi di dossier - colui che nella Lega “soffre” più di tutti l’alleanza con i grillini, può essere infatti fatale per la tenuta dell’esecutivo. Il ministro dell’Interno reagisce puntando la sindaca di Roma, ma l’effetto rischia di non essere lo stesso. Soprattutto perché gli svarioni della Raggi - persino le buche e la “monnezza” da terzomondo per le strade - non “bucano” nell’elettorato grillino come la presunta tangente da 30 mila euro e le possibili connessioni di Siri con esponenti della mafia. Dopo mesi trascorsi nell’angolo del ring, Di Maio ha capito come si fa a fare Salvini e usa qualunque arma pur di salvare la sua leadership, ed evitare al M5S una discesa alle Europee sotto il 20 per cento. Ma la sfida sul giustizialismo vede Salvini con le spalle molto più larghe e il ministro dell’Interno ne è talmente consapevole da provocare l’alleato lasciando Siri al suo posto e scatenando lo sconcerto persino del quasi silente Alessandro Di Battista.
Per la Lega rompere ora, mandando il Paese alle urne, è complicato. Ma farlo dopo le Europee rischia di essere tardi. Senza contare che intestarsi lo scioglimento anticipato non giova al partito che le chiede, come dimostra la storia repubblicana. Il gioco del cerino è quindi in pieno svolgimento e mancano i motivi - o i pretesti - per far saltare tutto prima delle elezioni Europee visto che il Parlamento chiude sino al 13 maggio per Pasqua e poi chiuderà ancora per le elezioni. Nella Lega c’è chi non esclude si possa tornare al voto in autunno, e quindi prima dell’avvio dell’iter della legge di Bilancio, ma non ci sono idee chiare sul dopo. Nè sul fronte delle possibili alleanze, nè su come e se evitare che nasca un nuovo esecutivo a guida leghista. Molta tattica, molti slogan e insulti e poca strategia, quindi. Con il rischio di arrivare al 26 maggio con il fiato lungo di una campagna elettorale ininterrotta, iniziata il 4 giugno dello scorso anno, giorno del giuramento del premier Conte, interrotta soltanto da qualche sporadico passaggio al Viminale.
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Il Mattino