Elezioni 2022, si vota: supersfida a Napoli tra i nodi del Pnrr, reddito di cittadinanza e Patto

Elezioni 2022, si vota: supersfida a Napoli tra i nodi del Pnrr, reddito di cittadinanza e Patto
C’è stato un punto di svolta nella campagna elettorale iniziata sotto gli ombrelloni e conclusasi nell’umidità settembrina di piazza del Popolo: il lodo...

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C’è stato un punto di svolta nella campagna elettorale iniziata sotto gli ombrelloni e conclusasi nell’umidità settembrina di piazza del Popolo: il lodo Mezzogiorno, impostosi nella centralità del dibattito dopo la prima settimana di settembre - e declinato su tre corollari fondamentali, vale a dire Pnrr, Reddito di cittadinanza e Patto per Napoli. Insomma, i partiti si sono resi conto di quanto potenzialmente sia deflagrante (non solo ai fini elettorali), il «granaio» del Sud ma rispetto alle tre grandi questioni - Pnrr, Rdc e Patto - le posizioni espresse sono diverse. D’altra parte, l’attenzione manifestata sull’agenda Sud potrebbe non essere sufficiente a scongiurare un altissimo rischio di astensionismo, figlio di una disaffezione e di una sfiducia nella classe politica che proprio a Napoli e in Campania ha fatto segnare soglie assai preoccupanti. Del resto, ancora ieri, un allarme in questo senso è stato lanciato proprio dal sindaco di Napoli Gaetano Manfredi.



Secondo la leader di Fdi Giorgia Meloni, «il Pnrr non può essere un totem ideologico, va ridiscusso», per poi aggiungere che «si può anche alzare la soglia del 40% delle risorse destinate al Sud». Su un riesame del dossier Pnrr si è pronunciato anche il numero uno della Lega, Matteo Salvini: «Va modificato perché i costi sono cambiati e il piano è stato messo a punto quando i costi delle materie e delle energie erano un quinto: ora se faccio finta di niente non trovo neanche un’impresa che lavori sotto soglia. Quei fondi bisogna usarli presto e bene, però vanno rivisti i prezzi altrimenti le imprese non ce la fanno». Smorza i toni Antonio Tajani di Forza Italia: «Più flessibilità è possibile, ma non una rivoluzione». Per il Pd il segretario Enrico Letta è categorico: «Avanti con i 220 miliardi di euro del Pnrr. L’impegno che ci stiamo mettendo è quello di far sì che quei soldi vengano spesi».

Per l’alleato di Impegno civico Luigi Di Maio, «noi abbiamo bisogno dei fondi europei, dei fondi del Pnrr, dei fondi legati alla mancata autonomia perché abbiamo bisogno della perequazione, dei Lep, anche per cercare di investire nelle infrastrutture». Sul fronte M5s Giuseppe Conte mette in guardia «da due rischi concreti, il primo è lo spreco dove abbiamo un sistema Paese abbastanza farraginoso: parliamo di una capacità amministrativa di spendere i fondi, in particolare anche europei, molto bassa e quindi la difficoltà di rispettare i tempi e realizzare tutte le opere programmate. Il secondo rischio è che vadano a finire nelle mani della criminalità organizzata, in particolare di stampo mafioso. Dobbiamo mantenere alta la soglia del controllo sociale». Per Azione-Iv gli obiettivi del Pnrr vanno mantenuti e centrati: «In 18 mesi di governo - ha detto il ministro Mara Carfagna - abbiamo puntato sullo sviluppo che poggia sul Pnrr, con investimenti da oltre 82 miliardi per ferrovie, porti, Zes, sanità, scuole, asili nido».

Qui lo scontro è più netto e più aperto in una Regione (la Campania) e in una città (Napoli) dove il sussidio, nella sola area metropolitana partenopea è percepito da 161mila nuclei familiari con un importo medio di 637,18 euro. Per Giorgia Meloni «il progetto - ha detto - è garantire un’assistenza necessaria, per chi non può lavorare, anche migliore di quella che è stata fatta finora. Ma per chi può lavorare la grande sfida è la libertà del lavoro. Non si combatte la povertà tenendo persone povere in quella condizione, si combatte la povertà facendo in modo che le persone povere possano diventare benestanti o ricche e questo si fa solo con il lavoro». Il Rdc costa alle casse dello Stato circa 10 miliardi di euro l’anno; per Salvini «il reddito dev’essere tolto a chi rifiuta un’offerta di lavoro» mentre per Forza Italia Tajani ricorda che «ci sono dei ricchi che lo prendono e che lo tolgono a chi ne ha veramente bisogno». Per il M5s il Reddito non si tocca e l’ex premier Giuseppe Conte ne ha fatto una bandiera e una sorta di claim elettorale: «è misura di protezione sociale», ha detto; «Abolirlo è una follia, c’è rischio di tensioni», gli ha fatto eco l’ex compagno di partito Di Maio. Posizioni meno intransigenti per gli altri partiti, viste anche le inchieste giudiziarie che hanno appurato come le risorse del Rdc siano spesso finite anche a truffatori, falsi invalidi, finti poveri, immigrati clandestini. Per Matteo Renzi «è voto di scambio», per Letta «è profondamente ingiusto raccontare il Mezzogiorno come solo quella parte del Paese che vuole a tutti i costi il reddito di cittadinanza. È vero che c’è il tema che riguarda soprattutto le fasce di povertà, ma il Sud ha voglia di creare nuove iniziative sull’energia e sul turismo». Il Pd ha rilanciato proponendo un bonus di 10mila euro ai 18enni, ipotesi bocciata da Calenda per il quale, inoltre, «se io ti faccio una proposta di lavoro e non l’accetti, tu quel reddito lo perdi perché quei soldi non sono pagati da Giuseppe Conte ma dagli operai, dagli impiegati, dagli infermieri».

L’accordo siglato con il premier Draghi lo scorso marzo e recepito nella Legge di bilancio, prevede per Napoli un contributo complessivo a fondo perduto di 1,231 miliardi erogato in quote fino al 2042; i primi 486 milioni (il 40% del totale) saranno disponibili entro il 2026. A fronte di questo beneficio il Comune dovrà impegnarsi nel risanamento finanziario, nella valorizzazione del patrimonio e nell’abbattimento degli sprechi. Il centrodestra ha sempre contestato questa misura considerandola «il risultato del malgoverno delle amministrazioni di centrosinistra e di De Magistris», il Pd lo difende essendosene fatto garante anche in occasione delle elezioni che hanno portato Manfredi a Palazzo San Giacomo. La stessa legge di Bilancio prevede misure simili anche per altri Comuni stanziando 2,670 miliardi. Meloni e Salvini attendono che il Comune «mantenga gli impegni», Calenda mette in guardia: «Benissimo il Patto per Napoli, ma stiamo attenti alle cose che diventano titoli e mai fatti. Insomma: bata solo slogan». Per sinistra e M5s il patto non si tocca e «guai a togliere soldi al Sud per darli al Nord». 

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Il Mattino