Libia, la guerra spinge i migranti: le navi delle Ong tornano al largo

Libia, la guerra spinge i migranti: le navi delle Ong tornano al largo
Mentre a Tripoli si fanno più aspri i combattimenti, due navi di altrettante ong sono già al largo della Libia e una terza è in arrivo nelle prossime ore. I...

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Mentre a Tripoli si fanno più aspri i combattimenti, due navi di altrettante ong sono già al largo della Libia e una terza è in arrivo nelle prossime ore. I conflitti tra le forze governative del governo di unità nazionale presieduto da Fayez al-Serraj e le milizie che sostengono l'esercito del Generale Haftar sono sempre più forti. I bombardamenti interessano non più solo la capitale, ma negli ultimi giorni gli aerei del Feldmaresciallo hanno colpito anche la strategica città di Misurata, 300 chilometri a Est di Tripoli.

 
Una situazione esplosiva dal punto di vista militare, ma che alimenta situazioni di caos e offre una sponda alle residue organizzazioni di trafficanti per mettere i migranti in mare.

L'ong tedesca Sea-Eye, con la nave Alan Kurdi, è già da due giorni in mare tra Sabratah e Zuara. In quella zona è in arrivo anche la nave dell'ong spagnola Open Arms che dopo 72 ore di avaria ha puntato le coste libiche. Anche l'Ocean Viking di Medici senza Frontiere, partita dai mari del Nord una settimana fa, ha fatto un breve scalo a Marsiglia per rifornirsi e arriverà tra oggi e domani a ridosso della Libia. Tra l'altro la nave di Msf ha ottenuto un finanziamento urgente di 100mila euro dal comune di Parigi per levare le ancore, mentre la Sea Eye ha avviato una sottoscrizione chiedendo ai suoi donatori di versare 14 euro a testa, tanti quanti ne occorrono per coprire un miglia nautico della nave. Una concentrazione di navi umanitarie che non ha lasciato indifferente il ministro dell'Interno, Matteo Salvini. «La solita nave tedesca ha scritto il vicepremier su Facebook - annuncia di essere tornata nelle acque libiche e batte cassa chiedendo donazioni. Buon viaggio, ma lontano dall'Italia».

Inevitabili prossimi scontri come quelli che da mesi hanno visto contrapposti gli attivisti e il Viminale qualora le navi delle ong recuperassero altri migranti chiedendo di sbarcare in Italia. Anche per questo motivo, ieri, Salvini ha tenuto un lungo colloquio telefonico con il suo omologo libico, Fathi al Bashaaga, confermando la disponibilità dell'Italia che a breve invierà a Tripoli altre 10 motovedette.

La situazione sul campo è sempre più tesa, le milizie che sostengono il governo Serraj sono in seria difficoltà di fronte ai continui attacchi aerei del Generale Haftar. Evoluzioni attentamente seguite da Roma perché se da circa due anni gli sbarchi verso l'Italia si sono ridotti è stato soprattutto grazie agli accordi sottoscritti con l'esecutivo tripolino e le milizie legate a Serraj. Se Haftar riuscisse ad entrare a Tripoli la situazione potrebbe degenerare anche sul fronte degli arrivi verso le nostre coste. Uno scenario ritenuto non imminente dagli analisti del nostro Comparto intelligence, ma certamente possibile nel giro di giorni o forse pochi mesi. A preoccupare le autorità italiane è il recente bombardamento di Misurata, il primo da quando lo scorso aprile Haftar ha iniziato la sua offensiva contro Serraj. La città a Est di Tripoli è infatti dotata delle milizie più potenti che fino ad ora hanno consentito al premier libico di poter difendere la capitale, qualora cadesse Misurata sarebbe molto più semplice per l'esercito di Haftar conquistare Tripoli e dettare legge anche sui flussi migratori. Emissari delle tribù di Misurata sono ora in contatto con le milizie di Haftar per trattare che non accadano ulteriori bombardamenti in città, anche offrendo in cambio una eventuale desistenza nel difendere Tripoli e Serraj ad oltranza concedendo alle truppe del Feldmaresciallo di entrare nella capitale.


Non solo Haftar ha colpito Misurata, ma nei giorni scorsi ha pure effettuato un raid aereo su un ospedale da campo di Tripoli. Gli uomini dell'Aise (l'Agenzia dei Servizi segreti per l'Estero) ritengono si tratti di segnali che il Generale vuole inviare all'Italia. A Misurata è presente l'ospedale di campo allestito dall'Esercito nell'alveo della Missione Miasit. Colpendo prima Misurata e poi un ospedale a Tripoli è come se Haftar avesse lanciato un avvertimento: che tra i prossimi obiettivi della sua flotta aerea è la lettura - possa esserci anche l'accampamento italiano. Anche per questo l'inviato Onu in Libia, Ghassan Salamé, ha prima chiesto un incontro urgente ad Haftar e poi è volato a New York per riferire gli sviluppi al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Si cerca uno spiraglio per riaprire una trattativa tra le parti in conflitto, un dialogo complesso, ma che per l'Italia sarebbe vitale anche per il contenimento dei flussi migratori. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino