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«Sono morta con il mio Thomas. Ora niente è più importante, per me non ha più senso vivere». La voce di Federica Sabellico s’incrina un attimo quando prova a descrivere la sua vita senza il figlio, Thomas Bricca, il 19enne ucciso in un agguato a colpi di pistola lo scorso 30 gennaio. Sono trascorsi quasi 4 mesi dall’omicidio, ma l’attesa e annunciata svolta nell’inchiesta non è arrivata.
Ci sono due indagati a piede libero, Mattia e Roberto Toson, figlio e padre. Per la Procura sarebbero stati loro ad uccidere Thomas, ma non ci sono ancora elementi sufficienti per chiudere il cerchio. Federica Sabellico attende, non può fare altro, ma ora non vuole più nascondere la rabbia: «Adesso basta, sono trascorsi troppi mesi. Arrestate i colpevoli, vivere così è un incubo». Accanto al lei c’è anche il fratello, Lorenzo, che in questi mesi si sta impegnando per chiedere giustizia sull’uccisione del nipote e fare in modo, attraverso progetti sociali, che la sua morte non sia stata inutile.
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Che sensazione prova quando pensa che gli assassini di suo figlio non sono stati ancora arrestati?
«Tanta rabbia, è allucinante, è un incubo pensare che chi ha ucciso Thomas possa andare in giro beatamente in piena libertà, magari a stappare bottiglie di spumante. Siamo sempre stati collaborativi, corretti, abbiamo fiducia nelle autorità, attraverso il nostro legale abbiamo fornito tutte le informazioni utili, ma intanto passano i mesi, troppi, e non si muove una foglia. Temiamo che le indagini siano finite in un vicolo cieco. Spero che questo silenzio abbia un motivo, spero che stiano lavorando e lo stiano facendo meglio di quanto abbiano fatto finora».
Non è soddisfatta di come sono state condotte le indagini?
«Ripeto, abbiamo fiducia nella giustizia, ma mettetevi nei nostri panni.
Quindi cosa intendete fare?
«Attraverso i nostri legali ci appelleremo alla Procura generale e al Ministero di Grazia e Giustizia, vogliamo delle risposte sull’andamento delle indagini e ora pretendiamo dei fatti. Per noi le dinamiche dell’omicidio sono chiare. Il delitto è avvenuto in un contesto noto a tutti, i cui protagonisti sono ben conosciuti agli investigatori, lo sanno anche i muri. In contesti più grandi di Alatri, come Roma e Napoli, le cronache più recenti raccontano che questo tipo di omicidi sono stati risolti in pochi giorni. Io credo che delle risposte, oltre che a noi, debbano essere date anche alla comunità. Fino a prova contraria ci sono persone pericolose per l’incolumità pubblica che vanno in giro armate».
In questi mesi ha mai incontrato gli indagati per l’omicidio di suo figlio?
«Li ho incrociati qualche volta in auto, ma spero di non incontrarli mai di persona. In tanti però mi dicono che li vedono sempre in giro, anche per feste».
Come sono le giornate senza Thomas?
«Terribili. La sua assenza è insopportabile, non poter sentire la sua voce, non poter vedere i suoi occhi. Sto malissimo. Credo che non mi riprenderò più, è un dolore che mi porterò fino alla morte, mi hanno distrutto la vita, mi hanno tolto la cosa più importante che avevo. Io sono morta con mio figlio. Adesso niente è più importante per me, sento che non ha più senso vivere, come per ogni mamma che perde il proprio figlio».
In questa disperazione, c’è stato un momento in cui ha visto un po’ di luce?
«Ho fede in Dio, questa è l’unica cosa che mi aiuta anche se non risolve la mia disperazione, mi manca la sua presenza fisica e questa non me la potrà ridare nessuno. E non potrò mai incominciare a trovare pace fino a quando i suoi assassini non verranno assicurati alla giustizia».
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Il Mattino