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Sono trascorsi sette mesi ma non c'è una verità - quale essa sia - sulla morte di Diego Armando Maradona. Mentre a Napoli si consuma l'ennesima querelle tra il Comune e il Calcio Napoli sull'inaugurazione dello Stadio che è stato peraltro già dedicato al Pibe, in Argentina i magistrati non riescono a quadrare il cerchio su quanto accadde il 25 novembre in quello spoglio appartamento del Barrio San Andres a Tigre, e ovviamente prima, perché il nodo della vicenda giudiziaria - sette indagati per omicidio colposo con dolo eventuale, pena punita con il carcere da 8 a 25 anni - è come il Campione sia stato assistito.
Sette mesi e solo tanta confusione, con continui scambi di accuse tra i medici che assistevano Diego e i suoi familiari. L'ultimo a prendere la parola è stato lo psicologo Carlos Diaz, che ha ammesso di aver conosciuto Maradona quattro giorni prima del suo compleanno, il 26 ottobre, quindi un mese prima del decesso. «Era un paziente complesso per l'abuso di alcol e psicofarmaci.
La giustizia - i magistrati della procura di San Isidro - deve fare il suo corso ma il mondo vorrebbe finalmente conoscere la verità sul decesso di un personaggio amatissimo. Era davvero ineluttabile il destino di Maradona? O la sciatteria dei medici e del suo clan, coordinato dall'avvocato Matias Morla, lo ha avvicinato alla morte? E, a proposito di Morla, l'avvocato Sebastian Baglietto, indicato come amministratore della successione, conferma di non aver ricevuto tutti i documenti sui beni di Diego per poter procedere alla suddivisione tra gli eredi, da Diego Junior, il figlio napoletano diventato appena allenatore del Napoli United in Eccellenza, a Diego Fernando, il piccolo di 8 anni.
C'è da dire che la relazione della commissione medica selezionata dai magistrati era stata chiara nello scorso maggio, con accuse nette al pool medico: Maradona non è stato adeguatamente assistito, Maradona è stato in agonia per dodici ore, Maradona è stato lasciato morire. Tesi che sono state confutate dagli avvocati del neurochirurgo Luque e degli altri indagati, che hanno cominciato a scaricarsi reciprocamente le responsabilità su questo giallo che non ha ancora la parola fine.
Il Mattino