Tor Bella Monaca, blitz del Comune per cancellare il murale per il boss Serafino Cordaro: urla dalle finestre

Con un’operazione scattata all'una di notte, che ha visto impiegati decine di mezzi di vigili urbani, polizia e carabinieri, il Campidoglio ha rimosso quelli che...

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Con un’operazione scattata all'una di notte, che ha visto impiegati decine di mezzi di vigili urbani, polizia e carabinieri, il Campidoglio ha rimosso quelli che qualcuno aveva ribattezzato i murales della vergogna. Celebravano, infatti, il potere delle famiglie che, a Tor Bella Monaca, controllano lo spaccio. E che, i più, considerano intoccabili.

 
Via Ferdinando Quaglia viene chiusa al traffico da un imponente schieramento di forze dell’ordine: qualcuno si affaccia alle finestre, inveisce contro chi è lì per portare la legalità. «Via, via», urla una donna, mentre gli agenti, alcuni con giubbotto anti-proiettile, presidiano la strada. Grandi camion della Municipale, parcheggiati tatticamente all'inizio della strada, servono a proteggere l'operazione, ad impedire che le vedette, che controllano 24 ore su 24 la presenza di "forze estranee" al quartiere, facciano scattare una rivolta. E il timore è più che concreto. Il primo murale che viene coperto con decine di pennellate di colore beige si trova nel palazzo dell'Ater R9, in viale Ferdinando Quaglia: raffigura il volto di Serafino Cordaro, “l’angelo” (così ribattezzato dalle mani criminali che lo hanno disegnato), ucciso nel 2013 da Stefano Crescenzi, in una spietata lotta per controllo del mercato della droga. Virginia Raggi, a inizio maggio, aveva promesso che lo avrebbe fatto cancellare.


Gli agenti della municipale, capitanati da Antonio di Maggio, non fanno avvicinare nessuno: si temono reazioni da parte di chi vorrebbe proteggere quell’ostentazione del potere da parte di un boss. «Lo avevamo promesso e lo abbiamo fatto. Questi murales erano qui da anni, ma nessuno aveva mai osato toglierli – dice la sindaca, Virginia Raggi, che assiste a tutto il blitz – Torneremo a Tor Bella Monaca. Lavoreremo per riportare la presenza dello Stato in un territorio abbandonato da troppo tempo», promette. Il secondo murale è ad un paio di chilometri di distanza: lungo cento metri, celebra Antonio Moccia, figlio del boss di Afragola Vincenzo Moccia, morto in un incidente stradale, nel 2012. Anche qui i blindati della polizia impediscono a chiunque di avvicinarsi. Qualcuno, in lontanza, urla: «Bastardi». Ma anche qui decine di pennellate beige fanno sparire l'immagine caldeggiata dalla famiglia di imprenditori della droga.  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino