Intervento salvavita al cuore: sta bene il neonato «piuma», pesa un chilo e cento grammi

Intervento salvavita al cuore: sta bene il neonato «piuma», pesa un chilo e cento grammi
Un neonato di appena un chilo e cento grammi è stato operato al minuscolo cuore al Niguarda di Milano. C’era da correggere un’anomalia cardiaca congenita ma per...

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Un neonato di appena un chilo e cento grammi è stato operato al minuscolo cuore al Niguarda di Milano. C’era da correggere un’anomalia cardiaca congenita ma per riuscirci senza intervento chirurgico, i cardiologi pediatrici del nosocomio milanese hanno messo a punto in collaborazione con i neonatologi del Policlinico di Milano una procedura di chiusura percutanea del dotto arterioso di Botallo attraverso un catetere miniaturizzato, spesso appena come uno spaghetto. Un primato nazionale, poiché si tratta del paziente più piccolo per peso mai sottoposto a correzione transcatetere in Italia, che può portare enormi benefici sul piccino in quanto a recupero perché gli è stato evitato un intervento a torace aperto.  

Durante la vita fetale, il dotto di Botallo mette in comunicazione l’arteria polmonare con l’aorta, e ottimizza la circolazione fetale. «Dopo la nascita, il dotto si chiude spontaneamente ma può succedere che questo non avviene, in particolare nei pre-termine, e possono insorgere complicazioni cardiache» spiega Maria Giovanna Russo, direttrice dell’Uoc Cardiologia pediatrica Vanvitelli della Azienda ospedaliera dei Colli. La terapia di scelta per la chiusura è farmacologica ma in alcuni casi non funziona e necessita pertanto l’intervento cardiochirurgico.

«Bisogna quindi intervenire con un device (immaginato con un tappo) che va posto nel dotto. È un intervento che si utilizza da decenni sui non-piuma, lo utilizziamo in tutti i centri di cardiologia pediatrica di terzo livello, in Campania lo è solo il Monaldi dove solo lo scorso anno ne abbiamo chiusi 40. Ma il più piccolo pesava 3 chili, mentre la peculiarità del Niguarda è stato quello di creare un device minuscolo proprio per i neonati-piuma». Gli specialisti hanno utilizzato sul piccino il nuovo device che tramite un catetere sottilissimo, inserito con una puntura dalla vena femorale, ha raggiunto l’arteria polmonare e quindi, attraverso il dotto, l’aorta. Per portare a termine l’intervento nelle sale di emodinamica di Niguarda, è stato necessario coinvolgere un team multidisciplinare composto da cardiologi pediatrici, anestesisti, tecnici di radiologia, neonatologi e infermieri. «È esattamente quello che avrei fatto anche io» aggiunge la direttrice Russo.

«È un intervento che va concordato sempre con il cardiochirurgo poiché è possibile che il device possa embolizzarsi e ampliandosi il dotto, ricadere nel vaso polmonare. È quindi un lavoro di equipe molto impegnativo». Secondo la direttrice Russo è anche molto vantaggioso per il piccolo «perché meno invasivo: si deve solo incanulare l’arteria tramite una puntura e non c’è taglio toracico, come invece avviene attualmente per i neonati-piuma». 

Una volta arrivato nell’aorta, dal catetere viene rilasciato un dispositivo auto-espandibile che è andato a tappare il dotto arterioso aperto. Nel 2019 Niguarda è stato il primo centro italiano ad introdurre questa nuova metodica, utilizzata solo in pochi ospedali nel mondo. Da allora sono stati trattati 8 neonati provenienti anche da altre terapie intensive neonatali lombarde. «È chiaro - sottolinea Stefano Martinelli, direttore della Terapia Intensiva Neonatale di Niguarda - che questo è un successo che vede alla base una grande sinergia tra i centri coinvolti e tutte le altre figure professionali che collaborano per la gestione dei piccoli pazienti». 

La metodica con catetere transcutaneo è molto meno invasiva e molto meglio tollerata da questi neonati molto piccoli e altamente instabili. Inoltre da qualche anno, Niguarda ha introdotto una nuova modalità di monitoraggio anch’essa non invasiva, la cardiometria elettrica, che si protrae per tutte le fasi della procedura e nelle 24 ore successive, che consente di valutare in continuo la stabilità emodinamica dei neonati e di intervenire con la terapia farmacologica, se necessario.

L’intervento eseguito non ha presentato criticità e già il giorno dopo il piccolo è tornato alla Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico di Milano per proseguire le sue cure. «Il bimbo ora sta bene - conclude Fabio Mosca, direttore della Terapia intensiva neonatale del Policlinico di Milano - e anche se lo attende ancora un lungo percorso possiamo senz’altro dire che il peggio è passato. Ogni anno gestiamo la nascita e l’assistenza per circa mille neonati con problemi, di cui 150 bimbi sotto il chilo e mezzo: un dato che rappresenta la migliore garanzia e tranquillità per la mamma e per il suo bimbo». 

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Il Mattino