È un lunedì sera di aprile. Milioni di apparecchi televisivi disseminati nel mondo mandano in onda le immagini di una chiesa divorata dalle fiamme. A parte il...
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Così come per raggiungere la sommità di una cattedrale occorre salire molti gradini, per desiderare, per immaginare, occorre disporre di una scala sorretta dalla memoria. La memoria, però, a giudicare dalla cura che le riserviamo è in via di estinzione e la scala non regge. La memoria è diventata per i poteri forti un business turistico varato a favore dello stordimento delle masse. Le immagini viste lunedì in televisione di una Notre-Dame avvolta dal fuoco sono tragicamente uguali a quelle che solo quattro anni fa, il quindici giugno duemilaquindici ci avevano fatto vedere l'incendio della chiesa di Saint Donatien et Saint Rogatien a Nantes. Si tratta di una basilica neogotica del XIX secolo. Anche lì c'era un cantiere, anche lì c'era un'impalcatura, anche lì l'incendio è partito dai tetti. Eccoli dunque i nostri stati europei, con politici che tagliano nastri e prendono aerei, discettano sull'uno virgola qualcosa, allestiscono regolamenti barocchi con norme acrobatiche per la sicurezza dei piccoli esercizi commerciali e intanto lasciano che si brucino chiese, teatri, musei, appunto gli organi privilegiati della memoria.
Un cantiere a Notre-Dame senza addetti alla sicurezza, alla vigilanza, alla tutela, è peggio di una bestemmia, perché non con le parole si uccidono o si salvano le civiltà ma con i fatti. Notre-Dame non è più sotto il controllo del Vaticano dal 1905. Appartiene allo Stato francese, che ricava quattro milioni di euro all'anno dai visitatori e che per decidere di investire la ridicola cifra di due milioni connessa al restauro costato l'incendio ha costruito tempi lunghi e difficoltà enormi. Un intervento completo su Notre-Dame era stato stimato qualche anno fa in centocinquanta milioni, ma neanche a parlarne. I soldi in Europa si trovano per una sequenza infinita di infrastrutture, per le cattedrali no. L'unica parola che fotografi la realtà è: imperdonabile. Non tanto l'incendio, che a suo modo e con molti dubbi si iscrive nel registro delle fatalità. Imperdonabile è la finzione. Fingere di curarsi dell'arte, della storia, della memoria e trattarle con disarmante sufficienza. Imperdonabile è dire: «Il peggio è stato evitato». Imperdonabile è annunciare: «La ricostruiremo». Ogni uomo di buon senso sa che, Dio non voglia, si dovesse bruciare la Gioconda ad eccezione del misterioso paesaggio sullo sfondo del quadro, nessuno potrebbe dire: la ridipingeremo. Imperdonabile è non aver ascoltato gli appelli di André Finot, portavoce della cattedrale che da anni levava il suo grido di allarme sulle criticità strutturali che la affliggevano. Si rifarà una chiesa e continueremo a chiamarla Notre-Dame, mentre nel processo di industrializzazione della disgrazia il nuovo cantiere diventerà la piattaforma pubblicitaria per investitori russi e americani. Il fuoco però può bruciare le memorie ma non la memoria. Un incendio del genere è la firma di fuoco di una grave frattura psicologica che colpisce l'Europa. Possa ciò che è stato bruciato fuori rinascere nella nostra coscienza e orientarci non a destra o a sinistra ma proprio come suggerisce Notre-Dame soltanto verso l'alto. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino