Si impicca in cella 7 giorni dopo aver ucciso la compagna: aveva confessato il delitto

Uccide la compagna, 7 giorni dopo si impicca in cella: aveva confessato il delitto
Ha fumato per l'ultima volta una sigaretta, verso le 21 di ieri sera, e poi poco dopo Pietro Carlo Artusi, il 48enne che era in carcere da solo cinque giorni per aver ucciso a...

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Ha fumato per l'ultima volta una sigaretta, verso le 21 di ieri sera, e poi poco dopo Pietro Carlo Artusi, il 48enne che era in carcere da solo cinque giorni per aver ucciso a Milano la sua compagna Roberta Priore, 53 anni, soffocandola con un cuscino, si è impiccato alle sbarre con una corda rudimentale. 


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Ha deciso di farla finita così, dopo aver confessato il delitto davanti a investigatori e inquirenti e dopo che, secondo le indagini, probabilmente ci aveva provato anche dopo l'omicidio, staccando un tubo del gas dell'appartamento della donna, ma senza riuscirci. Quando gli agenti della polizia penitenziaria l'hanno trovato appeso alle sbarre della sua cella, del quinto reparto del carcere milanese di San Vittore, era ancora vivo, ma in condizioni disperate ed è stato subito trasportato all'ospedale San Carlo. Per lui, che era già in coma irreversibile, stamani è stata convocata dai medici la commissione per la morte cerebrale, ufficialmente dichiarata sei ore dopo.

Nella notte tra il 19 e il 20 marzo scorso, Artusi aveva raccontato agli investigatori della Squadra mobile e al pm Grazia Colacicco di avere ammazzato la sua compagna, che frequentava solo da cinque mesi, al culmine dell'ennesima lite. Malgrado il poco tempo trascorso assieme, la polizia, infatti, era già intervenuta due volte per dei litigi nella casa di lei.

La notte dell'11 marzo, ad esempio, un vicino aveva chiamato le forze dell'ordine perché spaventato per le urla della donna, ma all'arrivo degli agenti l'uomo e la compagna erano apparsi entrambi calmi e la donna si era rifiutata sporgere denuncia. Il 14 marzo, invece, era stato lo stesso Artusi, disoccupato, a telefonare al 112 raccontando di un altro diverbio che lo aveva convinto a lasciare l'appartamento della compagna, dove si era solo di recente trasferito.

Mentre confessava l'omicidio, aveva spiegato qualche giorno fa il capo della Squadra mobile milanese Lorenzo Bucossi, Artusi «era sconvolto, davvero molto provato». Ha raccontato che il 18 marzo erano andati «a cena in un locale in zona Ortica, al tavolo avrebbero iniziato a litigare per motivi personali», pare per una sua presunta gelosia.


«La situazione è degenerata al punto che sono andati via ognuno per sé - ha chiarito Bucossi -. Poco dopo sono rientrati in casa ed è ripresa la discussione». Artusi ha sostenuto che entrambi avessero assunto «cocaina e che la donna lo aveva aggredito lanciandogli oggetti». E, secondo la sua versione, l'ha soffocata col cuscino «per impedirle di urlare». A dare l'allarme, attorno alle 16 del 19 marzo, era stata la figlia di Priore, perché non aveva notizie della madre da giorni.​
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Il Mattino