Russi «ci rubano anche i trattori». Un giorno con i contadini di Kherson: «Nei campi il lavoro è fermo»

Russi «ci rubano anche i trattori». Così nei campi il lavoro è fermo
I campi di grano si perdono a vista d'occhio, nelle campagne di Bastanka, tra pianure e colline ondulate, verdi e dorate, che contrastano con il cielo azzurro striato di...

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I campi di grano si perdono a vista d'occhio, nelle campagne di Bastanka, tra pianure e colline ondulate, verdi e dorate, che contrastano con il cielo azzurro striato di nuvole bianche. Siamo ai confini con la regione di Kherson, occupata dai russi. Una regione che, nell'intenzione di Mosca, dovrebbe trasformarsi in una Repubblica autonoma, come quella di Donetsk e Lugansk o, nella peggiore delle ipotesi, essere annessa direttamente alla Russia tramite referendum. Si stima che metà della popolazione sia già andata verso i territori controllati dall'Ucraina. Tra quelli costretti a restare, forte è la resistenza nei confronti dei russi. Kherson è diversa dalle due piccole repubbliche separatiste filo-russe nate in Ucraina per il volere di Putin nel 2014. Kherson resiste, anche se chi scende in piazza per sostenere il suo appoggio a Kiev e il diritto di esporre la bandiera del proprio paese è stato arrestato, torturato, obbligato al silenzio.

Dal febbraio scorso, quando è iniziata l'invasione militare, i soldati di Mosca hanno anche provato a prendere Mykolaiv, città che si frappone davanti alla loro avanzata verso Odessa. Secondo il censimento del 2001 infatti, il 72,7% della popolazione della città è di etnia ucraina, mentre il restante di etnia russa. Qui, come in altri luoghi, tutti parlano russo, ma nessuno vuole finire sotto Mosca. Un'altra delle bugie del Cremlino, che parla di liberazione della popolazione russofona.

Gli abitanti incontrati qui e in altro villaggi raccontano invece di violenze, saccheggi, furti e distruzioni da parte dei soldati di Mosca. Bastanka è stata occupata dai russi dal 27 di febbraio al 28 di marzo. «Vedete, qui c'è una strada in mezzo ai campi che porta a un altro villaggio», racconta un agricoltore. «Quando i russi se ne sono andati hanno lasciato molte zone minate. Delle persone sono passate di qui con una macchina e sono saltate in aria. Sono morti tutti. Qui accanto c'è uno dei miei campi. I russi mi hanno rubato due trattori. Li hanno presi per scappare, perché i loro mezzi erano stati distrutti dall'esercito ucraino. Delle persone che conosco qui intorno, almeno altre 4 hanno subito furti da parte dei russi. Hanno rubato altri trattori, più moderni, che hanno sistemi Gps. Li hanno ritrovati in Bielorussia». 

Nel villaggio di Bastanka in molti si lamentano dell'aumento dei prezzi del gasolio, causato della distruzione delle raffinerie e dei depositi di combustibile da parte dei russi. I costi di produzione aumentano, e a causa del blocco dei porti non c'è possibilità di vendere il grano. «Non stiamo riseminando perché non sappiamo quando porremo riesportare. La maggior parte dell'esportazione avviene via porto. Su ferrovia o strada non è economico. Prima il nostro grano veniva venduto a circa 230 euro a tonnellata, oggi vale zero».

Spostandosi di villaggio in villaggio nell'entroterra di Mykolaiv, i racconti di chi ha subito l'occupazione russa sono simili. «In 24 ore sono arrivati più di 3mila soldati e sono entrati in tutte le case», racconta una donna, in fila con il marito davanti a una pompa di benzina. «La mia abitazione è stata colpita da una cannonata sparata da un carro armato. Hanno portato via tutto. Avevamo anche dei dollari, degli euro, poca roba, hanno rubato i nostri effetti personali, tutto, anche la televisione e le porte di casa. Hanno distrutto tutto quello che non potevano prendere. Alla nostra vicina, una signora anziana, hanno arrestato il nipote e lo hanno fatto spogliare. Volevano vedere tutti i suoi tatuaggi. Non so cosa cercavano. Dicevamo che cercavano i nazisti. Quando sono venuti qui hanno detto anche che erano venuti a liberarci. Gli ho chiesto: liberarci da cosa? Noi siamo già liberi, non abbiamo bisogno di voi, siete voi che non siete liberi».

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Il Mattino