C'è una svolta nell'inchiesta Genesì che ha squarciato il velo sulle presunte sentenze «aggiustate» a Catanzaro in cambio di sesso, viaggi, soldi...
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Stando ai pm, sarebbe stato lui a pagare ogni mese il magistrato in cambio dei suoi favori, e sarebbe stato sempre lui a scovare nuove opportunità di corruzione attraverso i rapporti con soggetti condannati in primo grado. Una sorta di «trait d'union - scrive il Gip - fra i corruttori interessati all'ottenimento di provvedimenti giudiziari favorevoli e il magistrato Petrini, con il quale intrattiene relazioni di intensa frequentazione e stretta confidenzialità». Santoro, dunque, avrebbe cominciato a parlare quasi subito, e quando il 20 gennaio i magistrati vanno a trovarlo in carcere a Napoli chiedendogli di confermare quanto già dichiarato al Gip su «un magistrato al quale ha consegnato somme di denaro o altre utilità», comprese «derrate alimentari», il medico conferma spiegando che i soldi venivano consegnati «sotto la cassetta, proprio apertamente, senza nascondere nulla».
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Le presunte «mazzette» si aggiravano dalle 500 euro ai 2mila, ma in un caso specifico si arriva a 30mila euro, soldi consegnati da Santoro (e da un'altra persona) a Petrini «per la causa di Antonio Saraco», con l'obiettivo di «ammorbidire il procedimento penale» già in appello contro il clan di Guardavalle. Un particolare, questo, che stando a quanto scrive il quotidiano locale sarebbe costata al magistrato l'aggravante mafiosa in quanto avrebbe «agito con la piena consapevolezza e con la finalità di agevolare la compagine di 'ndrangheta »locale di Guardavalle«…». Il resto delle dichiarazioni di Santoro risulta, però, coperto da omissis, dal momento in cui i pm gli domandano se abbia mai consegnato o promesso soldi ad altri magistrati.
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Il Mattino